27
dicembre 2020 - SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE
(ANNO B)
Alexey Yegorov: Simeone il Giusto (1830-40)
PRIMA LETTURA (Genesi
15,1-6; 21,1-3)
In quei giorni, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede».
Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza».
Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.
Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito.
SALMO RESPONSORIALE (Salmo
104)
Rit. Il Signore è fedele al suo patto.
Rendete
grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere.
A lui cantate, a lui inneggiate,
meditate tutte le sue meraviglie.
Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto.
Ricordate le meraviglie che ha compiuto,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca,
voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.
Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco.
SECONDA LETTURA (Ebrei
11,8.11-12.17-19)
Fratelli, per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare.
Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.
VANGELO (Luca 2,22-40)
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora
puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
In altre parole…
Siamo sempre in clima natalizio e alla ricorrenza della “Santa famiglia”, che orienterà tutta la predicazione sulla difesa di un’idea di famiglia forse tramontata. Ma pur attenendoci alle letture liturgiche della festa, da parte nostra l’esigenza è di captare qualcosa di quanto la Scrittura ispira, indipendentemente da preoccupazioni sovrapposte, compresa quella di volerla spiegare! Come si sa, non ci interessano direttamente discorsi compiuti di qualunque genere (spirituali, liturgici, esegetici, morali, sociali, ecc..), che ne possano derivare, ma c’è l’esigenza e il desiderio di accompagnarci nell’ascolto e nella riflessione, o per provocarla o per prolungarla e condividerla. Disponiamoci semplicemente ad ascoltare la Parola come se fosse vento di cui si ode la voce, incuranti di dove venga e dove porti. Dovremmo riuscire a neutralizzare tutte le interferenze e le precomprensioni. Altro è la corda di uno strumento, altro il suono e la musica che ne scaturiscono!
Il fatto che Luca, nella sua accurata ricognizione degli avvenimenti, ci faccia rientrare personaggi del tutto fuori scena come Simeone ed Anna è già un segnale importante: vuol dire che profeti e profetesse sono vivi e presenti in mezzo a noi e basterebbe offrire loro occasioni di intervento, riconoscendo in primo luogo che lo Spirito soffia dove vuole: che la libertà è sua prima che sia nostra. L’immagine di Alexey Yegorov è tutt’altro che coreografica: ci mette sotto gli occhi una scena che sorprende gli stessi protagonisti. Infatti: “Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui”, e perfino il bambino sembra avere un’aria interrogativa! Giuseppe e Maria erano lì per adempiere scrupolosamente le prescrizioni della Legge, e dopo aver provveduto alla circoncisione del figlio Gesù - un “circonciso!” – c’è anche la purificazione di Maria, che è tutto dire per quanto riguarda la Vergine Immacolata.
Chi ha officiato nel Tempio tutti questi riti, non ha avuto il minimo sospetto di cosa stesse realmente succedendo. Ci son voluti due anziani, un uomo giusto e pio e una donna che serviva “Dio notte e giorno con digiuni e preghiere” – per rendersi conto del momento significativo di grazia che aveva luogo e per rivelarlo al mondo come annuncio di salvezza. Non è un caso che ce ne stiamo interessando e ne stiamo parlando anche noi: ma solo a scopo celebrativo e ideologico o per riviverne il messaggio profetico?
Il messaggio può essere questo: che la salvezza non passa più attraverso la Legge e le osservanze, ma passa attraverso Spirito che parla a noi in quel bambino. Quest’uomo che aspettava la consolazione di Israele, questa donna che parlava di lui a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme sono quelli che lo ascoltano: sono la dimostrazione di chi ne avverte il passaggio come la voce del vento, come ci dice Giovanni 18,37: “Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce”. Essere “dalla verità”: senza una vocazione particolare, come quella di Maria e Giuseppe, Simeone ed Anna portano nell’intimo del cuore e nella pazienza della vita tutta la speranza di Israele. In modo meno vistoso che per il Battista, anch’essi sono preparati dallo Spirito ad essere precursori di colui che deve venire.
E per questo sono in grado di prendere atto e di testimoniare che la promessa si sta realizzando in quel bambino: sia la promessa personale fatta a Simeone – che “non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore” –sia la promessa testimoniata dalla profetessa Anna, la quale “si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”. Che momento straordinario nella storia della salvezza, e quale messaggio per una reale laicità del Popolo di Dio, non a caso “Popolo”!
Neanche Maria e Giuseppe si rendevano conto fino in fondo di cosa stesse avvenendo:
ma erano pronti ad accettare anche la rivelazione di altri, mentre tenevano tutto per sé. Qui per la prima volta, oltre la presentazione rituale al Tempio per riscattare chi doveva riscattarci, avveniva la presentazione pubblica di quel bambino al di fuori del nucleo familiare e di ogni ufficialità: e questo ad opera di due ignoti profeti pieni di Spirito Santo, che lo rivelano al mondo ma che al tempo stesso vengono messi in luce ai nostri occhi.
Il vecchio Simeone, come siamo soliti chiamarlo, rimane il simbolo del passaggio dalla Legge data da Mosè alla grazia e verità venute da Gesù Cristo. Il cantico di Simeone è del tutto personale, ma egli personifica lo spirito dell’intero Israele di Dio e le sue parole hanno una risonanza eterna. E mentre l’anziana Anna parla di redenzione per tutta Gerusalemme, Simeone offre al mondo una vera e propria primizia di vangelo. In un certo senso è il primo evangelizzatore nel pieno coinvolgimento della propria vita e segna il trapasso tra la promessa dei profeti fatta propria e la proclamazione della sua realizzazione in quel bambino tra le sue braccia. Si presenta come “servo” del suo Signore, pienamente abbandonato alla sua Parola come Maria. Ma il fatto nuovo è che la salvezza veduta con i propri occhi è luce per tutte le genti, al tempo stesso in cui si rivela in tutta la sua gloria il vero Israele.
In un certo senso, egli apre gli occhi anche a Maria e Giuseppe, che rimanevano stupiti a quelle parole. Ma egli non parla d’ufficio come sottile scriba, al contrario lo fa perché radicato nella Scrittura in forza di quella fede che precede anche la Scrittura: “utile a insegnare, a convincere, a correggere e a istruire nella giustizia, affinché l'uomo di Dio sia completo” (2Tm 3,16-17). Ma se quel bambino tra le sue braccia è la realizzazione della promessa, non è però salvezza realizzata, per operare la quale egli diventerà segno di contraddizione, banco di prova per il cuore di ogni uomo e donna, a cominciare dal cuore della madre che si ritroverà l’anima trafitta, quasi fosse già sotto la croce!
Per quanto sappiamo e ci viene ricordato, il primo ad essere messo alla prova nel segno della fede è Abramo, invitato a credere nel figlio della promessa e poi nella sua restituzione dopo l’offerta sul monte. A credere anche quando la parola del Signore lo sfida: “«Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia”. Egli è così il Padre dei credenti, di un Popolo di Dio adunato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e cioè “per fede”. Quella fede per cui, sempre Abramo, “chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava”.
Vedere il santo vecchio Simeone col bambino non può non far pensare ad Isacco tornato tra le braccia di Abramo ed ovviamente anche al prodigo nell’abbraccio del padre e ricordare che “ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione”. (ABS)