4 aprile 2021 - DOMENICA DI PASQUA - RISURREZIONE DEL SIGNORE (ANNO B)

Annibale Carracci: Pie donne al sepolcro (1590)

 

PRIMA LETTURA (Atti degli Apostoli 10,34a.37-43)

 

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.

E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.

E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».

 


SALMO RESPONSORIALE (Salmo 117)

 

Rit. Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».

La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.

SECONDA LETTURA (Colossesi 3,1-4)

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.

Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.

 

VANGELO (Marco 16,1-8)

 

Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. Esse dicevano tra loro: «Chi ci rotolerà via il masso dall'ingresso del sepolcro?». Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande. Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto».  Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura.

 

 

In altre parole…

 

Queste tre donne, ferventi e combattive, che il Carracci presenta al sepolcro al levar del sole, in qualche modo sembrano fare da pendant ai tre uomini che abbiamo visto prostrati nel sonno al Getsemani. Esse non sono lì per una convocazione o per un invito, ma sospinte dal loro sentimento e dal desiderio di imbalsamare Gesù, quasi a volerlo far sopravvivere. Probabilmente sono le stesse di cui dicono Giovanni e Matteo, mentre Luca in 23,55 parla delle “donne che erano venute con Gesù dalla Galilea”. Alla scomparsa di quanti erano stati scelti fa riscontro la presenza libera e significativa di queste donne. Il fatto è che Gesù non lo trovano e sono costrette a domandarsi cosa fosse successo di strano.

 

Ma a questo punto non importa neanche soffermarsi sulle spiegazioni che riescono ad avere o a darsi. Ciò che le sconcerta è quanto dice loro quel giovane in vesti bianche, che davvero il Nazareno crocifisso non era più lì, ma era risorto e ora aspettava i suoi in Galilea: che questo fosse avvenuto a sorpresa all’insaputa di tutti e in totale assenza e silenzio, al di fuori di ogni umano sguardo. Quindi niente di prevedibile, qualcosa di natura ed origine diversa, nell’ordine di una nuova creazione. È quanto lasciano intuire le parole della liturgia più frequentemente ripetute nel tempo pasquale: “Questo è il giorno fatto dal Signore, rallegriamoci ed esultiamo in esso”. Se nel Getsemani e sul Calvario l’ora del Figlio dell’uomo si era consumata, fuori dello spazio e del tempo sorgeva il Giorno nuovo della nostra salvezza.  Ciò di cui rallegrarsi ed esultare anche al di fuori dell’ambito liturgico, comunque e dovunque come del vero fatto nuovo della storia.

I primi cristiani prendevano atto e coscienza di questo, e Paolo se ne fa portavoce in Ts 2,9 quando afferma che “Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome”, ”al di sopra di ogni principato, autorità, potenza, signoria e di ogni altro nome che si nomina non solo in questo mondo, ma anche in quello futuro” (Ef 1,21): che è poi il nome di Kyrios-Signore. Nella chiesa potremmo realmente parlare di rivoluzione copernicana, se effettivamente riuscisse a far ruotare il mondo intorno a colui che è stato “costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore” (Rm 1,4). Colui per mezzo del quale “tutto è stato fatto”, il Verbo fatto carne che era Dio ed era presso Dio, ora rientra con tutta la sua e nostra umanità nella sua condizione trinitaria, in una inedita creazione: qualcosa che c’è ed è per tutti, anche per chi non celebra la Pasqua!

Gesù è umiliato fino alla morte e morte di croce, ma la libertà e la solitudine assoluta con cui consegna il suo spirito al Padre, diventano nella sua resurrezione totali e definitive: è libero dalla morte, ultimo nemico ad essere sconfitto (cfr.1Cor. 15,26)! Le circostanze, i comportamenti umani, il sepolcro vuoto, le apparizioni e sparizioni non fanno che segnalare che quanto accade è al di fuori della scena del mondo; non dipende né da carne, né da sangue, né da volontà umana, ma è misteriosamente opera di Dio, che richiede solo d’essere condivisa nella fede.  

Infatti, se ora “Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato” (1Cor 5,7), vuol dire che è Pasqua di tutti, per tutti e per sempre: è un fatto di realtà e di vita e non un rito religioso a sé, per quanto significativo questo possa essere. Celebriamo pure i nostri riti, ma nella verità e nella consapevolezza che prima di parlare di Pasqua ebraica, cristiana, ortodossa o comunque sia, bisognerebbe riuscire a prendere atto di questo fatto inedito che ci vuole partecipi e che cambia la sorte del genere umano ad opera di Dio, così come sua opera è la creazione tutta. Oggettivamente, niente è più come prima, e quali che siano formule, cerimonie, tradizioni, l’unica vera Pasqua in azimi di verità e di sincerità è Cristo, a cui guardare ed arrivare al di là di ogni convenzione. È lui che deve apparire a ciascuno nella sua vera luce e non con le vesti che gli mettiamo addosso noi!

E perché il nostro sguardo non si fermi al dito e alle apparenze, forse è il caso di vedere attraverso le Scritture come Gesù torna a noi da glorificato, prima che torni poi a noi nella pienezza della sua gloria. Qui è presente nel desiderio delle donne di onorarlo e imbalsamarlo e nella loro preoccupazione di rimuovere il masso. C’è il sepolcro trovato aperto e vuoto e il fatto di trovare lì quel giovane vestito di una veste bianca. La rassicurazione che ricevono e quanto il giovane dice loro sembra spaventarle ancora di più, tanto che si guardano bene dal farne parole a Pietro e ai discepoli, in preda sempre alla paura. Quando poi, stando al vangelo di Luca, forse per un ripensamento, osano dire qualcosa a qualcuno, sappiamo a quale reazione vanno incontro: “Quelle parole sembrarono loro un vaneggiare e non prestarono fede alle donne” (Lc 24,11).

Via via che all’interno di questi orfani i rumori si calmano, inevitabilmente questi passano all’esterno tra la gente come motivo di sommossa, di conflitto, di scandalo: quando appunto Pietro e gli Apostoli cominciano a rendersi conto che quanto era accaduto non riguardava solo loro, ma era come un sole che sorge su tutti e per tutti (la luce di Cristo), e trovano il coraggio di darne annuncio  al popolo come testimoni prescelti da Dio, coloro che hanno “mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti”. Ad essi infatti si era manifestato, dando ordine “di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio”: non una resurrezione quale che sia, ma di uno costituito da Dio come sua riconciliazione col mondo. Non rischiamo spesso di parlare di resurrezione a vuoto, svuotandola della sua vera forza ed efficacia, vanificando così anche la nostra fede? Quanto riusciamo ad andare oltre  i segni e i simboli per lasciarci realmente “riconciliare con Dio”? (cfr. 2Cor 5,20)

Per quanto testimoni accreditati, Pietro e gli altri sanno perfettamente che non è stato facile neanche per loro credere in quello che ora predicano con coraggio al popolo, perché possiamo ricevere “il perdono dei peccati per mezzo del suo nome”. Ecco allora che, sulla base del loro vissuto, offrono al popolo una retrospettiva di ciò che era “accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea”, e cioè di Gesù di Nazaret, “il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui”. Ma ora essi sono lì a far sapere “le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme”, e cioè che era stato ucciso appeso ad una croce, ma che soprattutto “Dio lo ha risuscitato al terzo giorno”.

Alcuni fatti dunque erano sotto gli occhi di tutti, ma la notizia di quella che era opera esclusiva di Dio, la resurrezione dai morti, è stata affidata a testimoni prescelti, i quali appunto hanno l’ordine di annunciare a tutti che “chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome”. Detto in altre parole, questo vuol dire che chi crede in quello che Dio ha operato in lui e attraverso di  lui - il suo Nome - deve ritenersi un “risorto”, un rinato a vita nuova. Da qui la catena ininterrotta dei figli di Dio, o  dei battezzati, come effetto e partecipazione dell’esistenza stessa del Cristo Risorto.

Se ora, al di là di ogni modo di dire, noi viviamo in realtà da “risorti con Cristo” (tralci nella vite), ha un senso concreto occuparsi di cose di lassù, senza fughe spiritualistiche o pensieri celestiali, ma con i piedi ben piantati in terra. Infatti non cambia la nostra condizione terrena, perché “noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi” (2Cor 4,7). Quello che è certo però è che se siamo ancora soggetti e preda della morte – il nemico numero 1 – la nostra “vita è nascosta con Cristo in Dio”, nella certezza che quando egli apparirà nella pienezza della sua gloria di Risorto, noi saremo con lui nella gloria del Padre. Ma quanto tutto questo forma la nostra mentalità cristiana e la nostra visione della vita?

Ecco da dove dovrebbe partire una sostanziale rivoluzione copernicana nella e della comunità dei credenti, per non vanificare in infiniti altri obiettivi accessori i nostri sforzi di rinnovamento che ci fanno ritrovare sempre allo status quo! È senz’altro questione di scelte e di strategie, ma è chiaro che l’impegno deve mirare a rendere viva e perenne la Pasqua di resurrezione in una fede ritrovata! Buona Pasqua è tenerci presenti ed essere solidali in questo cammino di rinascita della fede e nella fede. (ABS)


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