Koinonia Agosto 2020


LA CONGIUNTURA BRASILIANA

E RITORNARE A CRISTO

 

Prima parte

L’eredità coloniale ha condannato da sempre il popolo brasiliano a essere governato e sfruttato dalla “elite”. Gli storici lo spiegano mettendo a confronto gli USA e il Brasile. Negli Stati Uniti, i “pilgrims” sono approdati per vivere; in Brasile, i colonizzatori sono venuti per razziare. L’elite brasiliana, che continua la razzia, è un iceberg (di industriali, latifondisti, padroni dei media, gerarchi militari...) la cui parte più alta è occupata da poco più di 70 mila personalità con un reddito mensile superiore a 160 salari minimi. Possiamo definirle come “classi opulente”. Sono loro che decidono chi deve governare (col popolo che vota telecomandato).  Nel 2002 le classi opulente hanno fatto un patto col PT (Partido dos Trabalhadores): esse hanno permesso a Lula di vincere le elezioni e montare un governo social-sviluppista, a condizione che non facesse riforme strutturali, quali la riforma agraria, fiscale, politica...

Lula rispondeva alle sollecitazioni della sua base operaia, dicendo che non era arrivato al potere con una rivoluzione, ma democraticamente, con alleanze che lo condizionavano. Nonostante ciò, gli anni del governo Lula sono stati di grande crescita interna e proiezione internazionale. Tutti i brasiliani sono stati beneficiati dal suo governo. Lula passa alla storia come madre dei poveri e... padre dei ricchi.

La crisi economica del 2008 e le sue conseguenze geopolitiche indussero le classi opulente a rompere il patto col PT. Nel 2014, esse cercarono una coalizione con grandi corporazioni e con gli Stati Uniti: cambiarono così l’indirizzo politico del Brasile. L’immagine del PT e di Lula è stata sistematicamente corrosa e perfino demonizzata. Ci fu il golpe, con l’indispensabile collaborazione del Potere Giudiziario: l’impeachment della Presidente Dilma Rouseff e il cambio dal PT a Temer.

Il presidente golpista aveva la missione di privatizzare lo sfruttamento del petrolio brasiliano e di allineare il paese agli Stati Uniti (col programma “Un Ponte per il Futuro”). Il governo Temer ha compiuto la sua missione, ma non è riuscito a fare il successore. Allora le classi opulente si sono arrese a Bolsonaro, capitano riformato, che come politico aveva già cambiato nove volte di partito, s’era dichiarato a favore della dittatura militare e della tortura... La sua base era la milizia (una mafia armata che terrorizza la periferia) e le reti digitali delle fake-news e dell’odio. Con una ideologia di estrema destra genocida, godeva dell’appoggio dei militari corporativisti. Si capiva però che avrebbe dato carta bianca all’ultra-neoliberale Paulo Guedes come ministro dell’Economia per privatizzare tutto e smontare le conquiste sociali, specialmente quelle della Costituzione del 1988.

Sinceramente, non si capisce tanto disprezzo e odio delle classi opulente verso il popolo. Ma Bolsonaro sta creando problemi: s’è mostrato incompetente nell’affrontare la pandemia; ha montato un governo di bassissima qualità; sta incentivando di fatto la distruzione ambientale, condannata internazionalmente; è più preoccupato a difendere i figli che a governare (per non dire dei suoi sintomi di psicopatia); insomma, oggi è una pietra nella strategia dell’elite.

La situazione che si è creata può essere riassunta come segue. La destra, coi partiti neoliberali - quella della maggior parte delle classi opulente, in particolare la corporazione dei media (un oligopolio) - vuole liberarsi di Bolsonaro e cerca un successore, ma non vuol cambiare la politica economica neo-ultra-liberale di Paulo Guedes.

L’estrema destra, con i fanatici e i partiti filo-fascisti, appoggia Bolsonaro, che non è finito. Il presidente ha forti sostenitori: una parte dei militari; le “corporazioni di rapina”, ossia le classi opulente avide di appropriarsi delle terre pubbliche e indigene, delle risorse naturali dell’Amazzonia...); gruppi vari: fascisti; religiosi tradizionalisti e fanatici (!); operatori digitali delle fake-news e dell’odio... e un terzo della popolazione (plagiata). Per loro Bolsonaro è il mito, per lui si uccide o si muore.

La sinistra coi partiti d’ispirazione sociale, è divisa per posizioni ideologiche ed è debole a causa della mutilazione del PT. La sinistra non ha numero sufficiente per vincere e ogni alleanza è ambigua. Alcuni vorrebbero alleanze a destra per sconfiggere il fascismo di estrema destra. Lula discorda, perché significherebbe allearsi con chi ha estromesso illegalmente e demonizzato il PT. Allearsi con i partiti di centro? Essi sono la fetta maggiore dei 33 partiti registrati, ma sono fisiologici, in vendita al maggior offerente, e la destra offre più che la sinistra.

Le grandi istituzioni politiche (Governi dei 26 Stati, Giudiziario, Congresso) sono fragili perché i loro membri sono cooptati dal “centro”. La chiesa cattolica teme di dichiararsi per evitare rotture interne (con il pentecostalismo rampante); e altre entità temono il ritorno della sinistra (!?).

 

 

Parte seconda

Qui sento la necessità di uno sfogo. In Brasile (e nell’intero pianeta?) si sta vivendo l’assurdo. Il governo brasiliano sfida ogni giorno la legalità e il buon senso, come se facesse le prove di un golpe per imporre la dittatura.

I militari che occupano cariche nel governo sono aumentati a seimila e cento. La Lava Jato (Mani Pulite brasiliana) è stata smascherata, ma ufficialmente non se ne parla: essa è stata elaborata negli USA dall’FBI e col paravento della lotta alla corruzione, ha gambizzato le imprese brasiliane (Petrobras, Oldebrect...) col pregiudizio di 24 miliardi di euro in un anno.

Gli evangelicali usano impunemente la televisione con ciarlatanismo: l’apostolo Santiago vende fagioli unti contro la pandemia, a mille reali cadauno (150 euro); il pastore Adelio, dietro offerta simbolica, preferibilmente dello stesso valore, manda per posta maschere invisibili anti-virus (in scatole... vuote). Un video delle reti religiose, minimizzando la pandemia, ha raggiunto oltre dieci milioni di visualizzazioni in 50 giorni.

Bolsonaro ha risposto a chi l’interpellava sulle vittime della pandemia, che lui non è becchino, quindi... E finora ha speso solo 6,8% della somma stanziata per combattere il virus.

Son oltre 100 le reti e i veicoli di informazione denunciati come diffusori di fake-news (menzogne). Soffre la fame un Paese che è della grandezza di 37 Italie con una popolazione che è 3,7 Italie e che esporta a non finire. Gli invasori dell’Amazzonia (che incendiano, per poi piantare soja per l’esportazione) sanno che il governo li appoggia. In giugno i fuochi d’incendio son stati 2.248. WhatsApp e Facebook che potrebbero essere canali di dialogo, sono una collettanea di ingiurie, oscurantismo, strafottenza. Cresce la fobia verso i neri, le donne, i vecchi, i diversi...

Forse è per tutto questo che Flavio Migliaccio, un attore competente e sensibile, si è suicidato, lasciando questo messaggio: “Scusatemi, ma non ce la faccio più. L’umanità ha fallito. (...) Prendetevi cura dei bambini di oggi!”. Capisco la decisione di Flavio: è tragicamente umana. Ma non è cristiana. Il cristiano dice, come i Magi del poema di T.S. Eliot: “Non mi sento più a mio agio qui, nell’antica legge, fra gente aggrappata ai propri dei”. Ma non mi arrendo perché credo in Qualcuno che è risorto, ha vinto il male e la morte. Con lui vinceremo.

Qui però bisogna fare una riflessione che la Chiesa ci deve. Gesù non è stato risuscitato dal Padre per aver fondato una religione, ma per aver compiuto la missione del Regno. Per motivi storici che sarebbe lungo esporre, il cristianesimo è diventato “bifronte”: è allo stesso tempo una religione e la missione di stabilire sulla terra il Regno di Dio. Parto dalla mia esperienza: come parroco, devo rispondere alle richieste della tradizione religiosa (funerali, battesimi, prime comunioni, qualche matrimonio, novene, benedizioni...) e spingo i fedeli con me all’impegno per la giustizia del Regno, per cambiare dal basso le strutture ingiuste... ma con poco esito. Noi cristiani siamo due miliardi e nel mondo persiste l’anti-regno. Vale ancora che il cristianesimo sia allo stesso tempo “religione” e “vangelo del Regno”?

Sono 50 anni, da dopo il Vaticano II, che si parla della morte della cristianità o chiesa costantiniana. Ma essa resiste e si è modernizzata con nuove devozioni e col pentecostalismo. Ma così il cristianesimo è una delle tante religioni che offrono panacee, supplemento di anima, consolazione, creando assuefazione all’anti-regno che Gesù è venuto a contrastare. Una chiesa che è goccia d’olio nell’ingranaggio iniquo piuttosto che pietra che ferma l’ingranaggio.

Non voglio dire che la religione sia l’oppio del popolo. Praticamente tutte le culture dei popoli, ieri isolate e in formazione, sono provvidenzialmente munite della religione come sovrastruttura che regola la relazione col mondo superiore. Come ogni cultura, così ogni religione è se stessa, merita rispetto, ma non è il bene assoluto. Lo zelo religioso porta al proselitismo e, chissà, al fanatismo... Non possiamo negare che ci siano pagine di fanatismo nella Bibbia. Forme come il clericalismo e lo spiritualismo sono proprie della religione e sono ambigue. Anche per questo, oggi la pratica religiosa in Italia sta soffrendo una forte crisi. Questo non deve creare sgomento. Gesù non è venuto a promuovere la conquista spirituale della religione, ma a riformarla con la proposta del Regno di Dio.

Spero che la pandemia ci spinga a dei cambiamenti, probabili, ma non troppo. La comunità scientifica però prevede la catastrofe climatico-ambientale entro il 2050, che decimerà la specie umana, vedrà lo sfacelo degli stati nazionali e il sorgere di una civiltà ecologica o... della barbarie. Che sarà delle religioni? Che sarà della Chiesa? Mi pare che non ci sia altra via di uscita per la Chiesa eccetto questa scelta coraggiosa: lasciare una pratica di duemila anni che pensava al cristianesimo bifronte. Ritornare a Cristo. Fare che i cristiani si impegnino per il Regno, che secondo la definizione di Paolo, è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo (cf. Rm 14,17).

 

Arnaldo DeVidi

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