Koinonia Ottobre 2019


Noi siamo le persone che abbiamo incontrato

 

Ero studente di teologia a metà anni sessanta e seguivo sull’Avvenire i lavori del Concilio. La lettura del giornale andava di pari passo al mio corso di studi. Il Concilio mi dissetava con acqua fresca e gorgogliante mentre alcuni insegnanti erano vecchi e stantii. Padre Martino Morganti aveva attirato la mia attenzione come esperto di liturgia presso i padri conciliari. Quando nel ‘69 decisi di fare il prete operaio il vescovo mi disse di cercarmi un altro vescovo che mi accettasse perché lui a Pisa non mi voleva. Avevo vicino due possibilità, visto che avevo escluso l’opzione di andare tra i Piccoli  Fratelli,  per poter restare vicino alla mia mamma vecchia e rimasta sola.

A Livorno c’era la fraternità dei Francescani in via Mentana, se non vado errato, con Martino, Leo e Stefano. A Viareggio la comunità del Bicchio con Sirio e Rolando.

Martino nel mio immaginario era un personaggio importante. Intellettuale incisivo e determinato, capace di fare scelte radicali in una realtà urbana e operaia sindacalizzata. Capace di incarnare il Vangelo confrontandolo con la realtà rivisitata dall’analisi marxiana e dalla lotta di classe.

Pur sentendo una notevole affinità con questa visione e analisi scelsi il Bicchio che sollecitava le mie origini contadine, il mio cronico innamoramento di Gesù di Nazareth artigiano e l’integrazione tra una vita di lotta con gli ultimi e la poesia della vita.

Queste due anime hanno continuato e continuano a convivere dentro di me e posso identificarle, forse troppo schematicamente, in Martino e Sirio.

Sono i due filoni del movimento dei preti operai che emergeva nei convegni nazionali. Mistica e lotta di classe. Al Bicchio io e Beppe Pratesi che avevamo scelto la vita di fabbrica e dei cantieri navali rappresentavamo la linea Martino, in pacifica convivenza con lo stile di Sirio e Lando, artigiani pastori e poeti.

Ricordare Martino oggi per me significa ritornare alle origini delle mie scelte di vita in coerenza con la radicalità che contraddistingueva il clima di quegli anni.

Martino mi evoca quella lama che affonda fin nelle viscere che è la Parola di Dio. Ma un Dio incarnato nella storia di uomini e donne concrete. Non idealizzato, ideologizzato e colonizzato dall’immaginario capitalista e conservatore.

Ricordo la scelta del modo di celebrare il suo ultimo saluto. Semplice, essenziale conviviale, non rituale, direi anche ironica: funeralando! Noi salutando Lida abbiamo scelto una strada simile mescolando un po’ di Martino e un po’ di Sirio.  Nella dialettica della vita c’è sempre la ricerca della sintesi - per usare una parolona - dell’Amore. È infatti la stima ma soprattutto l’affetto che mi ha portato qui. Verso Martino e verso tutti e tutte voi in ricerca collettiva di un mondo più umano.

Di fatto NOI SIAMO LE PERSONE CHE ABBIAMO INCONTRATO.

 

Mario Facchini

.

.