Koinonia Ottobre 2019


“ESISTENZA TEOLOGICA” SECONDO P.CHENU

 

La teologia non è, in primo luogo, un discorso su Dio che elabora proposizioni articolate tra di loro, in una serena obiettività, è la Parola di Dio in atto, in tutte le fibre e le ricchezze del mio spirito, in tutte le opere della comunità, dalle percezioni elementari fino alle curiosità dell’intelletto, dalle contemplazioni segrete fino ai miti sociali. Essa non viene a sovrapporre, a un dato ricevuto dal di fuori nell’obbedienza della fede, un’elaborazione aristocratica di proposizioni puramente oggettive, per un insegnamento razionalmente trasmissibile secondo le sole norme della logica del giudizio. La Parola di Dio, divenendo teologia, non si trasforma in ideologia, nemmeno delle idee divine discese in noi. Essa resta comunione al mistero, e si mantiene in una confessione di fede, anche quando è trascinata dalla ricerca. È, in me, l’essere ‘nuovo’ conferito dal Cristo, nel suo Spirito, che si esprime in tutti i suoi organismi e innanzitutto nell’organismo dell’intelligenza. «Non vi è teologia senza una nuova nascita» diceva già a Tubinga, più di un secolo fa, J. Kuhn. Ed è ciò che Karl Barth, nel 1962, riflettendo sulla propria opera, durante l’ultimo semestre del suo insegnamento, chiamava «l’esistenza teologica»: non solo un metodo per costruire una dogmatica, ma una riflessione sull’esistenza dovuta al fatto di essere associati a Dio nel suo atto di Parola.

Tale è il realismo della fede, trasposta in teologia, il cui oggetto, nella sua potenza di divinizzazione, non è una mera possibilità di annuncio, ma la realtà divina che viene a me e dalla quale sono raggiunto <…> La teologia è dunque, per sua natura, nella fede, in stato di ricerca. Il vertice, l’epicentro non è, come è successo per quattro secoli, la moltiplicazione delle sovrastrutture ma, nel cuore della fede, l’ansia di raggiungere senza sosta, e in modo sempre nuovo, la Parola, nella sua perenne interpretazione, dove l’autonomia carismatica e profetica dello Spirito trova una garanzia privata ed una sicurezza collettiva nella comunità gerarchica e magisteriale.

Alla fine, e nel momento in cui ci accingiamo al lavoro, bisogna indubbiamente insistere sul rigore di questa ricerca. Capita, che alcuni, oggi come sempre nei tempi di risveglio evangelico, cedano a un empirismo apostolico troppo poco attento alla severa razionalità del mondo.

A chi sarebbe incline a pensare che l’assoluto della Parola  di Dio lasci alla sua vanità la ragione dell’uomo, coi suoi concetti e i suoi vocabolari, che il Vangelo sia un puro kérygma, un ‘grido’, e che l’esperienza diretta di piccole comunità sia l’unico terreno fecondo, bisogna ricordare con fermezza che la teologia, Parola di Dio, si sviluppa in sapere, nella misura stessa in cui la Parola di Dio si incarna in una parola umana, nell’intelligenza, nel senso più alto della parola. Intellectum valde ama, diceva sant’Agostino, poco sospetto di intellettualismo.

 

Marie-Dominique Chenu op

Dall’omelia tenuta nell’ambito del congresso

“L’avvenire della Chiesa”, Bruxelles 1970

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