Koinonia Febbraio 2019


Viaggio nel deserto

 

In questo nuovo anno, tramite i nostri consueti “appunti”, vi invito a fare un viaggio spirituale sotto la tenda nel deserto. Sì, un viaggio alla scoperta del Vangelo, lasciandoci alle spalle il cristianesimo come solido edificio religioso rassicurante per avventurarci sotto il fragile tessuto della tenda, alla scoperta del Dio che abita il deserto, in mezzo al suo popolo pellegrino, come nell’antico esodo. Il Dio del tempio è rassicurante, ma non libera energie vitali. Ci rassicura dentro le strutture, ma rimaniamo impantanati nelle nostre paure. Oggi viviamo in un mondo segnato dalla paura e dall’insicurezza, a tutti i livelli. Probabilmente mai nella storia il mondo è stato così sicuro, eppure mai l’umanità si è sentita così minacciata e insicura. La paura viene venduta con ampi margini di profitto e per questo viene prodotta e commercializzata su scala industriale. Politici e mezzi di informazione la riproducono e la distribuiscono a proprio vantaggio. Le frontiere vanno ricostruite e rinforzate, i controlli moltiplicati. I requisiti che qualificano l’identità vanno meglio specificati. Tradotto in termini ecclesiali, tutto questo vuol dire restituire a chi ha paura  quel legittimo senso di sicurezza che la religione organizzata sa trasmettere. Infatti da che mondo è mondo, la religione è sempre stata uno dei principali antidoti contro la paura. In nome di Dio, la religione - compresa la nostra - ha ucciso e devastato, ma almeno ci ha salvati e ci ha fatto sentire che siamo garantiti.

Viene alla mente quel testo immortale che  è  La leggenda del Grande Inquisitore di Dostoevskij, un capolavoro con cui non finiremo mai di confrontarci. Il vecchio cardinale, che finirà per processare e condannare Gesù, quel giorno a Siviglia, è un uomo davvero integerrimo. Certo è un uomo di potere, ma si prende onestamente cura dei bisogni del suo gregge. Per fare questo è costretto a correggere “gli errori” di Cristo. Il vecchio cardinale, ormai novantenne, ha compreso che gli esseri umani hanno paura di quell’avventura spirituale che si chiama libertà. Sono esseri segnati dalla paura. Gesù, povero meschino, chiamandoli alla libertà, li ha traumatizzati, li ha resi infelici. E allora la vocazione del Cardinale, quella della Chiesa sarebbe di ridare pace agli infelici, riconducendoli nell’edificio solido dell’istituzione religiosa, dove ci si sente protetti, al sicuro, dove i principi sono chiari, dove la dottrina è dispensata con ricette sicure che chiedono solo di essere applicate. Dove le porte e le finestre sono resistenti e saldamente chiuse. Il vecchio e saggio uomo di Chiesa in fondo è buono… anche interessatamente buono. Desidera soltanto che la gente sia felice. Il suo grande errore, però, è che non desidera che la gente maturi e cresca: meglio una felicità fatta di rinuncia e abdicazione, piuttosto che la crescita nella libertà che comporta l’angoscia di dover fare scelte personali e anche il rischio di perdere. Gesù ha creduto troppo nella libertà dell’essere umano. Per questo bisogna sopprimerlo.

La parabola di Dostoevskij ha un valore universale che si applica a ciascuno di noi. Riguarda i nostri conflitti interiori. Ma è legittimo evocarla anche a proposito della realtà ecclesiale, dove il discorso istituzionale, le dottrine e le direttive morali rimangono ben saldi, nonostante ci sia oggi un Papa Francesco che vola alto a indicarci il senso di un cammino spirituale autentico. Ma la struttura non demorde.

Dare battaglia o mobilitarsi non è più cosa facile. Si rischia di combattere contro i mulini a vento. Chi ha creduto in un possibile cambiamento radicale della mentalità e delle strutture della Chiesa, credo che oggi si senta profondamente solo. Come gestire questa solitudine spirituale all’interno di una Chiesa in cui si è nati, si è cresciuti e si continua ad amare con lealtà? Per molti, me compreso, la gestione positiva di questa solitudine crea una precisa esigenza: considerare l‘interiorità in tutti i suoi aspetti, riscoprire la solitudine interiore come un elemento integrante dell’esperienza fondamentale della fede. Per questo vi propongo un viaggio spirituale nel deserto, per scorticare la fede da tante incrostazioni esteriori e arroganti e ritrovare il silenzio di una brezza leggera (cfr. 1Re 19,12) dove poter ascoltare Dio che continua a parlare. Buon cammino!

 

Don  Alfredo Iacopozzi

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