Koinonia Febbraio 2019


La voce di Frei Betto

 

RELAZIONE TRA FEDE E POLITICA

 

La fede e la politica hanno, in ultima analisi, lo stesso obiettivo: creare una società in cui tutti vivano con uguali diritti e uguali opportunità e senza rivalità di classe.

È vero che entrambe si propongono di migliorare la convivenza sociale, tuttavia esse possono essere usate anche per dominare, come la fede dei farisei o la politica degli oppressori.

La fede è un atto mediante il quale l’essere umano si pone di fronte al mistero di Dio.

La politica è uno strumento per la costruzione di una società basata sulla giustizia e la libertà; si impegna per qualcosa che non riguarda particolarmente la fede, ad esempio le strategie per realizzare il bene comune.

Vivere la fede  è necessariamente un fatto politico:  in cielo non c’è la fede, che viene vissuta in una comunità politicamente caratterizzata. Quando una comunità religiosa sostiene di occuparsi solo di religione, non sa quel che dice, o mente per coprire con la fede i suoi veri interessi politici. Ogni comunità apparentemente apolitica non fa altro che favorire la politica dominante, anche se ingiusta.

A causa della sua fede Gesù è morto come prigioniero politico. E come Gesù, il cristiano deve vivere la sua fede nell’impegno con i più poveri. Qualunque sia il modo in cui il cristiano vive il suo impegno evangelico, esso avrà sempre delle conseguenze politiche: può favorire le disuguaglianze sociali o contribuire a sradicarle.

Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto l’autonomia della politica. Può farla bene anche chi non ha fede e non sempre chi crede fa una buona politica.

Un ateo può fare una politica giusta, favorevole alla maggioranza della popolazione, mentre ci sono molti cristiani corrotti che attraverso la politica cercano solo profitti personali.

È un controsenso parlare di politica “cristiana”. La politica non deve mai essere confessionale . Essa rappresenta le aspirazioni di credenti e non credenti; deve essere giusta, democratica, nell’interesse della maggioranza. Una tale politica inevitabilmente conterrà i valori della fede, come la liberazione dei poveri e la costruzione di una società senza disuguaglianze.

La fede non ha le ricette per risolvere i problemi di un’amministrazione, come il debito pubblico, la sicurezza sociale o il miglioramento del sistema sanitario; questo è compito della politica. La fede esprime il senso della politica: assicurare una vita dignitosa a tutti. Come farlo dipende dalla politica: se è ingiusta, molti saranno privati delle condizioni minime per aspirare a ottenere dignità e felicità.

Fede e politica sono istanze diverse, che si completano nella vita pratica. Una richiede la partecipazione ad una comunità religiosa per poter crescere; l’altra, l’attenzione alle richieste del popolo e la conoscenza dei problemi sociali per poter intervenire adeguatamente.

 

La politica deve fondarsi su principi che, in generale, coincidono con la religione: i diritti degli esclusi, la vita per tutti, la condivisione dei beni, il potere come servizio ecc. Senza questi valori, i politici diventano solo “politicanti” e la corruzione induce a privilegiare gli interessi personali o corporativi a scapito di quelli sociali e collettivi.

Questo non significa che si debba fare politica in nome della fede. La si deve fare in nome dell’amore, della verità e della giustizia. Ciò che importa è il bene comune, non gli interessi di alcuni settori religiosi. Gesù non è venuto nel mondo per fondare una religione. È venuto perché “tutti abbiano vita, e vita in abbondanza” (Gv 10,10).

 

Frei Betto

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