Koinonia Ottobre 2016


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La riforma religiosa e Pietro Leopoldo –  Atti del seminario di studi

S.Gimignano 2015 – Cisreco edizioni

 

La pubblicazione degli Atti del Seminario di studi, organizzato dal CISRECO a san Gimignano il 30 novembre 2015 offre molti spunti di riflessione per il dibattito che si svolge nella Chiesa cattolica in seguito alle iniziative di Papa Francesco in risposta alle questioni emergenti del Concilio ecumenico di 50 anni fa.

I vari interventi forniscono un quadro abbastanza completo e organico di riflessione. Il caso del Sinodo di Pistoia promosso dal Vescovo Ricci nel 1786 è, forse, l’unico caso in cui Pistoia assurge a centro di risonanza europea e mondiale. È quasi una tromba che annuncia la fine dell’ancien règime perché appena tre anni dopo scoppierà la Rivoluzione francese, il 1789, la caduta della Bastiglia.

C’è da chiedersi perché proprio a Pistoia, piccola città di provincia, risuoni questo squillo di tromba. Tebro Sottili nel suo intervento che riassume tanti interventi precedenti a partire da quello di C.Fantappié al Convengo del 1986, si sofferma sulle gravi contraddizioni esistenti nella società civile a Pistoia: “A Pistoia, scrive, vi erano poco più di 9000 abitanti e la presenza attiva di 26 chiese parrocchiali, 23 conventi, 16 oratori pubblici o confraternite, 23 oratori privati (di famiglie nobili), per un totale di 115 luoghi di culto. I sacerdoti ordinari erano 196, i chierici 142 e 102 frati e 350 monache” (p.69).

Secondo Gaetano Greco, ordinario di storia moderna all’università di Siena, il tentativo del Vescovo Ricci assecondato dal Granduca Pietro Leopoldo di convocare un concilio toscano “si trattò di un tentativo di un’organica riforma istituzionale della chiesa e di un’autentica riforma religiosa” (p.32). Una riforma, però, che fallì!

 

Intanto, ecco quali  erano i punti così come li riassume Arnaldo Nesti nella introduzione:

1 – si attaccava il culto del Sacro Cuore separato da Cristo

2 – ritorno alla dottrina agostiniana sulla Grazia

3 - i sette sacramenti

4 – si abolisce la comunione fuori della messa, che viene detta in volgare

5 – rigore estremo sulla penitenza e sulla estrema unzione

6 – estremo onore al sovrano concepito come un vescovo esterno

7 – riforma del breviario, riduzione delle novene, processioni e le feste trasferite tutte alla domenica.

 

Oltre a questo  c’era poi la situazione del numero dei santi, quando questi non erano provati da documenti autentici. Finalmente c’era tutta la riforma dei benefici, che era diventata una matassa aggrovigliata che creava sproporzioni assurde fra clero montano, della pianura e della città. Si creava una  cassa unica del clero per rendere il tenore di vita più equanime e più uniforme. Ma tutto questo provocò la fine di tante istituzioni ecclesiastiche che davano almeno un piatto di minestra al giorno a tutti i numerosi pezzenti dei centri urbani.

Le riforme colpivano alla radice tante posizioni privilegiate perché c’erano benefici che venivano percepiti senza che i fruitori avessero alcun obbligo di presenza e di servizio. Era una situazione che rappresentava un ostacolo insuperabile a ogni progresso sociale e civile. Il vescovo Ricci e il Granduca se ne erano resi conto sia pur molto confusamente e procedevano a tentoni senza  senza l’appoggio degli “ultimi”. Si creò così una situazione inedita contro ogni riforma che andava dall’alta nobilità ai pezzenti (perché  perdevano la consolazione del Cuore di Gesù e il pezzo di pane quotidiano che lo status quo garantiva loro).

 

Bastò che il Granduca lasciasse la Toscana, richiamato a Vienna dalla morte del fratello imperatore, perché il vescovo Ricci rimanesse solo con pochi fidi. Scoppiarono rivolte popolari a Pistoia e Prato. Ricci prima fuggì ad Agliana dove esisteva uno strato di contadini “livellari” che avevano ottenuto la terra grazie alle riforme leopoldine e quindi simpatizzavano per lui. Si dice che abbia finito per ritrattare le posizioni del Sinodo del 1786. Personalmente ritengo che questa sia una invenzione calunniosa  sulle convinzioni del vescovo Ricci, ma chissà… forse sperava in una politica diversa verso la chiesa da parte di Napoleone.

In ogni caso, molte posizioni del Sinodo di Pistoia sono diventate le posizioni ufficiali della Chiesa cattolica del Concilio Vaticano II. Forse, l’insegnamento maggiore di questi fatti storici - al di là del noto detto “La storia è maestra della vita - sta nel fatto che nella Chiesa cattolica non può esserci riforma se non “in capite et membris.

 

Renato Risaliti

 

 

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