Koinonia Ottobre 2016


Incontro ecumenico di Colonia - 19/8/ 2005

Non intendo sviluppare qui un programma per i temi immediati del dialogo. Questo è compito dei teologi in collaborazione con i Vescovi: i teologi sulla base della loro conoscenza del problema, i Vescovi a partire dalla loro conoscenza della situazione concreta delle Chiese nel nostro Paese e nel mondo. Mi sia concessa soltanto una piccola annotazione: si dice che ora, dopo il chiarimento relativo alla Dottrina della giustificazione, l’elaborazione delle questioni ecclesiologiche e delle questioni relative al ministero sia l’ostacolo principale che rimane da superare. Ciò in definitiva è vero, ma devo anche dire che non amo questa terminologia e da un certo punto di vista questa delimitazione del problema, poiché sembra che ora dovremmo dibattere delle istituzioni invece che della Parola di Dio, come se dovessimo porre al centro le nostre istituzioni e fare per esse una guerra. Penso che in questo modo il problema ecclesiologico così come quello del “ministerium” non vengano affrontati correttamente. La questione vera è la presenza della Parola nel mondo. La Chiesa primitiva nel secondo secolo ha preso una triplice decisione: innanzitutto di stabilire il canone, sottolineando in tal modo la sovranità della Parola e spiegando che non solo il Vecchio Testamento è “hai graphai”, ma che il Nuovo Testamento costituisce con esso un’unica Scrittura e in tal modo è per noi il nostro vero sovrano. Ma al contempo la Chiesa ha formulato la successione apostolica, il ministero episcopale, nella consapevolezza che la Parola e il testimone vanno insieme, che cioè la Parola è viva e presente solo grazie al testimone e, per così dire, da esso riceve la sua interpretazione, e che reciprocamente il testimone è tale solo se testimonia la Parola. E infine, la Chiesa ha aggiunto come terza cosa la “regula fidei” quale chiave interpretativa. Credo che questa vicendevole compenetrazione costituisca oggetto di dissenso fra noi, sebbene siamo uniti su cose fondamentali. Quindi, quando parliamo di ecclesiologia e di ministero, dovremmo parlare preferibilmente di questo intreccio di Parola, testimone e regola di fede e considerarlo come questione ecclesiologica e quindi insieme come questione della Parola di Dio, della sua sovranità e della sua umiltà, in quanto il Signore affida la sua Parola ai testimoni e ne concede l’interpretazione, che però deve commisurarsi sempre alla “regula fidei” e alla serietà della Parola. Scusatemi se ho espresso qui un’opinione personale, ma mi sembrava giusto farlo.

 

Presso l’ex-Convento di Erfurt - 23/9/2011

Per me, come Vescovo di Roma, è un momento di profonda emozione incontrarvi qui, nell’antico convento agostiniano di Erfurt. Qui Lutero ha studiato teologia... e si incamminò verso il sacerdozio nell’Ordine di sant’Agostino. E in questo cammino non gli interessava questo o quello. Ciò che non gli dava pace era la questione su Dio, che fu la passione profonda e la molla della sua vita e dell’intero suo cammino. “Come posso avere un Dio misericordioso?”: questa domanda gli penetrava nel cuore e stava dietro ogni sua ricerca teologica e ogni lotta interiore...  Che questa domanda sia stata la forza motrice di tutto il suo cammino mi colpisce sempre nuovamente nel cuore. Chi, infatti, oggi si preoccupa ancora di questo, anche tra i cristiani? Che cosa significa la questione su Dio nella nostra vita? Nel nostro annuncio? La maggior parte della gente, anche dei cristiani, oggi dà per scontato che Dio, in ultima analisi, non si interessa dei nostri peccati e delle nostre virtù. Egli sa, appunto, che tutti siamo soltanto carne. Se si crede ancora in un al di là e in un giudizio di Dio, allora quasi tutti presupponiamo in pratica che Dio debba essere generoso e, alla fine, nella sua misericordia, ignorerà le nostre piccole mancanze. La questione non ci preoccupa più. Ma sono veramente così piccole le nostre mancanze? Non viene forse devastato il mondo a causa della corruzione dei grandi, ma anche dei piccoli, che pensano soltanto al proprio tornaconto? Non viene forse devastato a causa del potere della droga, che vive, da una parte, della brama di vita e di denaro e, dall’altra, dell’avidità di piacere delle persone dedite ad essa? Non è forse minacciato dalla crescente disposizione alla violenza che, non di rado, si maschera con l’apparenza della religiosità? La fame e la povertà potrebbero devastare a tal punto intere parti del mondo se in noi l’amore di Dio e, a partire da Lui, l’amore per il prossimo, per le creature di Dio, gli uomini, fosse più vivo? E le domande in questo senso potrebbero continuare. No, il male non è un’inezia. Esso non potrebbe essere così potente se noi mettessimo Dio veramente al centro della nostra vita. La domanda: Qual è la posizione di Dio nei miei confronti, come mi trovo io davanti a Dio? – questa scottante domanda di Lutero deve diventare di nuovo, e certamente in forma nuova, anche la nostra domanda, non accademica, ma concreta. Penso che questo sia il primo appello che dovremmo sentire nell’incontro con Martin Lutero.

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