Koinonia Ottobre 2016


 

DUBITO ERGO CREDO

Se il mondo si divide in credenti e non credenti

 

Il confine che separa i credenti dai non credenti non credo che vada individuato tenendo conto delle rispettive professioni di fede:  molti che si dichiarano credenti attraversano periodi di dubbio o di indifferenza e molti che si professano atei volgono gli occhi al cielo in momenti difficili della loro vita. È nell’atteggiamento che si assume nei confronti della vita, soprattutto nei momenti difficili, che si misura la capacità di credere di ognuno. Affrontare le calamità senza ribellarsi, sperando di riuscire a trovare il senso di ciò che al momento appare ingiusto, immeritato, crudele, è una forma di fede che può sentire chiunque, a prescindere dalla sua adesione ad una religione positiva. Sia la fede che l’incapacità di credere hanno un substrato profondo e forse perfino inconscio che si manifesta nel modo di agire ben più che nelle dichiarazioni verbali.  Anche il Vangelo dice: Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio…

Questo substrato profondo si palesa in quella che definirei la sorella minore della fede, cioè la fiducia. Avere fiducia nel prossimo, nel bene, nel progresso, nei propositi di chi non conosciamo o di chi non condividiamo le opinioni, affrontare con coraggio e speranza le prove della vita, aprirsi a verità che la ragione non riesce e spiegare: sono atteggiamenti di chi crede, anche se non nelle verità di fede del Simbolo Niceno. Mi apro (all’altro, all’ignoto, alla speranza…) ergo credo.

A ben riflettere, all’opposto di questo atteggiamento di fiducia si collocano coloro che assumono  atteggiamenti radicali  e irriducibili, si professino essi credenti o no, a coloro che si mostrano inflessibilmente certi delle loro ragioni e alieni dal tollerare l’intrusione del dubbio. Sono arrivata a pensare che il dubbio costituisca non un sintomo di debolezza, ma di forza. Come si fa a non dubitare su temi così immensi, misteriosi, non dominabili dalla scienza, temi sui quali da sempre l’umanità si è interrogata? Si potrebbe arrivare a dire, parafrasando Cartesio: dubito ergo credo.

M.P.

 

Le  riflessioni qui riportate sono quelle di chi, partecipando profondamente  ad un lutto, ha dovuto prendere atto di come questo fosse vissuto “più con rancore che con dolore. Quasi fosse stato fatto un torto a loro da parte di una Potenza malefica”. Questo dopo aver precisato che  si trattava di “persone giuste, oneste, intelligenti e generose, ma chiuse in un ateismo aggressivo”. Di qui dunque la sua riflessione che mi sollecita - senza per questo dimenticare il dramma  umano e personale  di quanti sono nella prova - a tentare di mettere a fuoco il nostro modo di pensare il rapporto credenti-non credenti,.

Ebbene, la prima reazione a leggere le parole riportate è stata quella di avvertire l’insufficienza di queste categorie contrapposte, come se “credenti”  dovesse essere il metro di misura, e come se parlare di “non credenti” rappresentasse qualcosa in meno rispetto ad una presunta norma. Si è cercato di rimediare a simile squilibrio inventando la categoria intermedia “diversamente credenti”, ma anche in questo caso si postula il riferimento ad un dato di fatto tutto da provare: “i credenti” sociologicamente intesi, ad esclusione di quanti lo sono nel cuore, magari con qualcosa  in più o di diverso rispetto a semplici praticanti. I credenti, in altre parole, non possono rappresentare la norma, semmai sono l’eccezione o il fatto nuovo da non dare per scontato: un cambiamento di prospettiva necessario all’interno non meno che all’esterno, per una giusta valutazione della fede in termini laici.

Se la prima reazione è valida, mi sono allora chiesto con quali altre parole ristabilire il giusto equilibrio tra queste due condizioni di vita, in modo da mettere in rilievo non la pura e semplice contrapposizione escludente ma una comune dignità  sulla  base della quale stabilire anche eventuali differenze tra credenti e non-credenti. Sul momento sono arrivato  ad individuare in “giusti”il termine di partenza - diciamo il genere - secondo cui  specificare distinzioni e differenze  nelle diverse scelte di vita.  È un’ipotesi accettabile? A noi dircelo! In ogni caso rimane vero che si può essere giusti nel cuore, giusti secondo la legge, giusti per la fede!

ABS

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