Koinonia Luglio 2016


Carissimo Alberto,

ho estratto e ti invio dall’ultimo numero di Réforme questo articolo sulla figura del tuo confratello Gabriel Nissim di cui non sapevo niente e che mi ha messo molto in curiosità, uno dei tanti profeti nascosti. Tu l’hai conosciuto? A presto, Valdo

                               

UN  MOSÈ  DOMENICANO

Gabriel Nissim, da un anno alla presidenza dell’ACAT,

vuole difendere i diritti umani riconosciuti, che considera universali.

 

Gabriel Nissim è arrivato in Francia a tre anni, nel 1938, dall’Italia dove era nato, lasciando la bella città di Firenze. Cresce nel suo universo bi-nazionale, il padre essendo italiano e la madre francese. Molto presto, appena decenne, sente la chiamata di Dio a servirlo diventando uomo di Chiesa, una vocazione che mette un po’ sotto il moggio nel periodo degli studi di matematica. Ma, a 19 anni, lascia gli studi scientifici per entrare nell’ordine di San Domenico che ha festeggiato i suoi 800 anni di esistenza nello scorso novembre. La sua vocazione religiosa è temporaneamente smorzata dalla guerra d’Algeria ed eccolo arruolato sotto la bandiera francese per 28 mesi, dei quali 10 in terra algerina. “Me la ricordo, la guerra, come un enorme pasticcio. In un secolo e mezzo di colonizzazione, avremmo avuto il tempo di creare veri legami con la popolazione, legami fondati sulla libertà, sull’eguaglianza e la fraternità. Se avessimo applicato il nostro motto in Algeria, avremmo evitato molte sofferenze in ogni campo. Non si può rifare la Storia, ma certamente non abbiamo applicato né la libertà, né l’eguaglianza, né la fraternità.”

 

Alla televisione

È troppo presto perché il giovane Nissim s’interroghi sulle questioni legate alla tortura che diventeranno centrali nella sua vita di uomo maturo, ma già si sente interpellato dalle fucilazioni e ritiene che siano tutti collettivamente responsabili.

Dopo il servizio militare finalmente può consacrarsi totalmente alla vocazione religiosa. È inviato in Camerun, dove impara la lingua locale, il bamileké, per “entrare nella mentalità del paese” che lo ha accolto. Per lui era importante far capire che si trattava di una “vera lingua, con una vera grammatica,non di un francese storpiato. Si butta allora nell’impresa di fissarne una trascrizione scritta, perché si trattava di una lingua unicamente orale fino a quel momento. Organizza un vero lavoro ecumenico fra cattolici e protestanti per armonizzare le varie traduzioni del Nuovo Testamento che esistevano allora in bamileké. Nissim resta in Africa  sette anni in una piccola comunità di quattro religiosi, un’esperienza che lo segna per tutta la vita. “L’Africa va oltre tutto ciò che si può dire. C’è laggiù un senso straordinario della fraternità. È un fatto fisico, di pancia. Provo per l’Africa la tenerezza di un padre per i suoi bambini”. Gabriel Nissim deve però tornare in Francia, dove viene aggregato all’ufficio delle trasmissioni religiose della televisione pubblica, per la trasmissione cattolica Il giorno del Signore. Con la pastora Claudette Marquet crea la trasmissione ecumenica Agapé  della quale conserva bellissimi ricordi. “Era un vero spazio di dialogo; non assomigliava per niente a quelle trasmissioni televisive dove bisogna darsi addosso. Ci si ascoltava”. 

Si appassiona alla sfida dell’immagine. “Tutto il problema consiste nel fare in modo che non sia un idolo, ma un’icona. È un idolo quando la si prende per la realtà. Alcuni pensano che, poiché hanno visto un fatto in televisione, sia senz’altro vero. Invece no, l’immagine è fabbricata  per farvi pensare o sentire questo o quello. La vera immagine a cui si deve arrivare è l’icona, quella che crea un’apertura sull’invisibile”.  Ricorda  una trasmissione molto commovente, trasmessa in diretta dalla Repubblica Centroafricana per il centenario della Chiesa cattolica in quel paese. “Al momento del Padre Nostro, l’operatore ha concentrato la ripresa su un uomo che stava pregando seduto su un albero. Quella era un’icona, abbiamo pregato con lui”. Al contrario certi modi di riprendere creano letteralmente uno “schermo” fra il telespettatore e la realtà. Per Gabriel Nissim “gli uomini di televisione dovrebbero essere al servizio della dimensione invisibile dell’umanità per riuscire a cogliere le cose in ciò che hanno di straordinario, in modo che la loro immagine mostri l’invisibile.”

 

Reciprocità

Gabriel Nissim è rimasto 8 anni al  Giorno del Signore, prima di essere mandato dal suo ordine a Bruxelles e poi a Strasburgo per assicurare la presenza dei domenicani presso le istituzioni europee, sia l’Unione Europea che il Consiglio d’Europa. Diventa presidente della commissione “Diritti umani” della rappresentanza ONG al Consiglio d’Europa. Approfondisce allora tutta una riflessione teologica sulla democrazia, lo Stato di diritto e la difesa dei diritti fondamentali.

Quando Dio dice a Mosè nel roveto ardente:”Ho visto la sofferenza del mio popolo, ho udito il grido che gli strappano i suoi sorveglianti,scenderò a liberarlo, ti invio....”, significa che siamo tutti mandati a liberare i nostri fratelli che si trovano in condizioni inammissibili. Dio vede e ci chiede di vedere, Dio ascolta e ci chiede di ascoltare.” Per  il domenicano, noi siamo tutti dei Mosè.

Se pur ritiene che la difesa dei diritti umani abbia fatto molti progressi negli ultimi quarant’anni, resta comunque secondo lui una sfida importante da raccogliere oggi:” Fare in modo che ciò che abbiamo percepito della dignità umana nel 1948, in seguito alla Shoa, sia condiviso da tutti i popoli e da tutte le culture.”  Per lui, si tratta di un’evidenza, i diritti umani non sono un concetto occidentale, ma qualcosa di veramente universale. “Davanti a un’ingiustizia, di colpo, c’è qualcosa che costringe la mia coscienza, qualcosa che viene da me, ma ha il carattere di una qualche trascendenza. Questo lo si può trovare in tutte le civiltà. C’è ‘qualcosa’ che precede il diritto e ne è il fondamento”.  È per questa ragione, spiega Nissim, che i diritti non sono accordati, ma riconosciuti.

Certo, i diritti umani possono essere vissuti in una cultura occidentale individualista: sono i “miei” diritti! Ma Gabriel Nissim ricorda la loro vera vocazione: siamo chiamati a riconoscere i diritti degli altri, e allora saranno veri anche i nostri. È quello che vorrebbe trasmettere ai bambini europei tramite la sua associazione “Sguardi di bimbi” con sede a Strasburgo1, come pure all’Azione dei Cristiani per l’Abolizione della Tortura (ACAT), di cui è diventato presidente un anno fa e che organizza il 26 giugno la sua “Notte di veglia”2, nel corso della quale i partecipanti sono chiamati a pregare per tutte le vittime della tortura in tutto il mondo.

 

Marie Lefebvre-Billiez

 

Note

1Associazione “Regards d’enfants (Sguardi di bimbi), 58, Avenue des Vosges, 67000 Strasbourg. contacts@regardsdenfant.com

 

2 ACAT - 7, rue Georges-Lardennois, 75019 Paris, 0140404243. La notte di veglia si svolge il 26 giugno. Informazioni: acat@acatfrance.fr

 

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