Koinonia Aprile 2016


BISOGNA PERMETTERE AI LAICI DI FARE L’OMELIA?

 

Nel Vangelo, le prime ad annunciare la Resurrezione sono le donne. Nel 2016, ci stiamo ancora chiedendo se delle donne potrebbero predicare. È facile mettere in rapporto queste due affermazioni, ma sembra che si tratti di cose differenti. Permettere ai laici di predicare, in una umanità composta per metà da donne, e in una Chiesa comporta per più del 90% da laici... Del resto, molti laici predicano già, ad esempio nel quadro della pastorale dei funerali. La Chiesa non ha nulla da temere andando oltre. L’annuncio del Vangelo può solo guadagnarci. Si può capire l’argomentazione dell’unità della presidenza dell’eucaristia, ma la proposta di Enzo Bianchi è ragionevole: basta che il prete manifesti una forma di rito che dia la parola ad una persona per la predica.

La predicazione è legata alla contemplazione della Parola e del mondo, allo studio, e queste cose non sono riservate al prete. L’annuncio del Vangelo è al centro della nostra fede e della condizione di ogni battezzato. Certo, non perché si è battezzati si può automaticamente predicare, ma le due cose sono profondamente legate. Si possono instaurare dei criteri per inquadrare questo tipo di pratica, come il coinvolgimento nella fede della Chiesa, il carisma personale per prendere la parola in pubblico, e naturalmente una formazione teologica. E non è che poi i laici predicherebbero tutte le domeniche! Certo, esiste sempre il rischio di abusi, ma anche i preti possono abusare delle loro prerogative. Può sempre capitare che si faccia della parola una forma di potere. Ma la stragrande maggioranza dei cristiani praticanti sono persone di buona volontà, non bisogna immaginare che

rivendicheranno un “diritto a predicare”. La posta in gioco, è servire nel modo migliore la parola di Cristo, che è la sola che possa accogliere tutto delle nostre vite. Nella Chiesa non bisogna pensare in maniera escludente: non è perché una cosa viene resa possibile per qualcuno, che la si toglie a qualcun altro. Permettere ai laici di predicare non rimetterebbe in discussione il fatto che l’insegnamento faccia profondamente parte del ministero del prete. Permetterebbe invece di riequilibrare la sua parola, allargandola al di là della sua persona, perché la sua esperienza, la sua sensibilità e la sua formazione non esauriscono l’interpretazione del Vangelo e la sua trasmissione ad una comunità.

Nelle parrocchie dove ci sono dei diaconi, si riconosce l’importanza della loro predicazione, perché hanno un’altra esperienza di umanità, che permette di far ascoltare altre cose. Nessuno è proprietario del Vangelo, e tanto meno della capacità e della responsabilità di trasmetterlo. L’importante è che il Vangelo sia offerto a tutta la comunità, nella sua pluralità. Il problema centrale è sapere come la predicazione parla alla vita reale.

 

Véronique Margron

Provinciale delle domenicane della Presentazione,

professoressa alla Facoltà di teologia

dell’Università cattolica di Angers (Francia)

 

a cura di Gauthier Vaillant

in “La Croix” dell’8 marzo 2016 (traduzione: www.finesettimana.org)

 

 

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