Koinonia Aprile 2016


“Segno dei tempi”?

 

LA COSTITUZIONE TUNISINA E LE “PRIMAVERE ARABE”

 

Nella notte tra il z6 e il 17 gennaio 1014, nel palazzo del Bardo di Tunisi, l’Assemblea nazionale costituente (ANC) ha approvato - dopo più di due anni di lavori’ e a tre anni di distanza dagli avvenimenti che avevano portato al crollo del regime di Ben Ali - la nuova Costituzione, che chiude la fase della transizione dall’autoritarismo alla democrazia apertasi il 17 dicembre zoio quando, nella località dell’entroterra di Sidi Bouzid, un giovane commerciante ambulante, Mohamed Bouazizi, si dette fuoco in segno di protesta dopo l’ennesima confisca del suo carrettino di frutta e verdura da parte della polizia municipale. Il suo gesto disperato ha agito come una miccia e ha fatto esplodere la rabbia e il senso di frustrazione della popolazione che, prima in Tunisia e poi in altri paesi del mondo arabo, si è mobilitata per rovesciare i regimi autocratici al potere, dando vita alle rivolte e rivoluzioni che hanno preso il nome di “primavere arabe`.

A più di quattro anni da tali eventi, la Tunisia sembra essere il paese in cui, in termini costituzionali, si sono prodotti i cambiamenti più netti e stabili: in conseguenza di un procedimento costituente democratico e partecipativo è stata approvata ed è entrata in vigore una nuova Costituzione; se ne è avviata l’implementazione, attraverso l’istituzione degli organi previsti dalle disposizioni transitorie; si sono insediati il primo parlamento (denominato Assemblea dei rappresentanti del Popolo - ARP) e il primo presidente della Repubblica democraticamente eletti3: tutte le condizioni per l’avvio della ordinaria vita costituzionale e per l’adozione delle leggi necessarie per la piena attuazione della Costituzione sono in essere, nonostante il quadro economico, politico e di sicurezza del paese sia fonte di crescenti preoccupazioni.

In termini di democrazia, la conseguenza più tangibile è, secondo il rapporto 2015 di Freedom House (relativo al 2014), che la Tunisia risulta non solo, per il quarto anno consecutivo, il paese al mondo che guadagna più punti rispetto all’indice di libertà che aveva nel 2009, ma anche il primo paese arabo, nella storia di questa organizzazione, ad acquisire la qualifica di “libero” (cfr. Freedom House, 2015).

Insomma, a inizio 2015, la Tunisia è il paese arabo-musulmano in cui la democrazia e il costituzionalismo hanno fatto registrare i maggiori progressi, al punto da costituire un faro di speranza per l’intera regione, tale da smentire i profeti di sventura che si ostinano a proclamare l’incompatibilità dell’islam con la democrazia*.

Anche in virtù dell’influenza che l’esperienza costituzionale tunisina potrà esercitare su altri paesi arabo-musulmani, essa merita una particolare attenzione da parte dei costituzionalisti. Attenzione che appare ancor più necessaria in quanto è evidente, fin da una prima lettura, il ruolo svolto dagli standard del cosiddetto “costituzionalismo globale”’ mentre soltanto in pochi punti del testo emergono aspetti più direttamente legati alla specificità locale. Il che può sembrare sorprendente, quando si consideri da un lato che la Tunisia non è un paese che si trovi a subire una specifica condizionalità internazionale, dall’altro che appartiene a un’area geografica e culturale nella quale esiste una forte componente religiosa, che era tra l’altro rappresentata in modo maggioritario nell’ANC5.

La lettura della nuova Costituzione tunisina porta a interrogarsi sulla pervasività degli standard globali nel momento fondante dell’ordinamento, quello del constitution-making (PAR. 1.2) e, di conseguenza, sugli spazi che residuano, oggi, per il costituzionalismo nazionale (PAR. 1.3): ciò che significa riflettere sull`identità costituzionale’, intesa come risultato di un processo dinamico, ove interagiscono elementi tratti dal diritto globale ed elementi di specificità nazionale.

 

Tania Groppi

In  Tunisia. La primavera della Costituzione, Carocci editore 2015, pp.19-21

 

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