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12 novembre 2023XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

 

William Blake: La parabola delle vergini sagge e stolte (c. 1825)

New Haven (Connecticut), Yale Center for British Art, Paul Mellon Collection

 

PRIMA LETTURA (Sapienza 6,12-16)

La sapienza è splendida e non sfiorisce,
facilmente si lascia vedere da coloro che la amano
e si lascia trovare da quelli che la cercano.
Nel farsi conoscere previene coloro che la desiderano.
Chi si alza di buon mattino per cercarla non si affaticherà,
la troverà seduta alla sua porta.
Riflettere su di lei, infatti, è intelligenza perfetta,
chi veglia a causa sua sarà presto senza affanni;
poiché lei stessa va in cerca di quelli che sono degni di lei,
appare loro benevola per le strade
e in ogni progetto va loro incontro.


SALMO RESPONSORIALE (Salmo 62)


Rit. Ha sete di te, Signore, l’anima mia.

 

O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua.

Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode.

Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.

Quando nel mio letto di te mi ricordo
e penso a te nelle veglie notturne,
a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.

 

 

SECONDA LETTURA (1Tessalonicesi 4,13-18)

 

Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti.

Sulla parola del Signore infatti vi diciamo questo: noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore.

Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.



VANGELO (Matteo 25,1-13)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:

«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.

A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.

Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.

Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

 

 

In altre parole…

 

Se ci chiediamo di cosa avrebbe bisogno il mondo in questo momento, la risposta forse sarebbe scontata: la pace, se non altro come cessazione di guerre veramente inspiegabili. Sì, ma se consideriamo che queste guerre a catena sono il frutto della insensatezza e dell’eclisse della ragione, senza parlare del tramonto del timore di Dio, allora forse ci rendiamo conto che a mancarci sono il realismo e la saggezza, quella sapienza di vita e senso di umanità che sono alla radice della convivenza e della coesistenza umana da sempre.

 

Il fatto è che siamo noi i primi a non sentire il bisogno di questa sapienza, pensando che sia riservata ai potenti e agli intelligenti e non sia appannaggio dei semplici, per cui non la desideriamo e non la ricerchiamo neanche; tanto meno essa rientra nella nostra vita spirituale, anche se la riteniamo dono dello Spirito. Essa peraltro è a portata di mano come qualcosa di splendido che non sfiorisce, è la luce dei nostri occhi e dovrebbe darci la libertà e la sicurezza di camminare nella via della verità e della vita con chiaroveggenza: è qualcosa che ci viene incontro e si fa trovare alla porta per accompagnarci giorno per giorno nella nostra fatica. Bisogna cercarla ed accoglierla per cooperare con essa a dare sapore e dignità alla nostra esperienza umana e di fede: “appare loro benevola per le strade e in ogni progetto va loro incontro”.

 

Ma forse da parte nostra rifuggiamo dal cercare questa sapienza perché, se ci dà la certezza della direzione, non sappiamo dove in realtà ci conduce: infatti essa altro non è che “lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future” (Gv 16,13). E di questo futuro noi abbiamo paura! Se anche noi, come i discepoli, avvertissimo il Regno di Dio non solo come venuta ma come scadenza finale, staremmo con loro a chiedere: “Dicci, quando avverranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine dell'età presente?” (Mt 24,3). Da dove tutta una serie di avvertimenti e di raccomandazioni di Gesù, per non essere sedotti da falsi profeti, non turbarsi per movimenti di guerre perché non sarà ancora la fine, quando “l'iniquità aumenterà, l'amore dei più si raffredderà” (Mt 24,12). Quando “questo vangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo, affinché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; allora verrà la fine” (Mt 24,14).

 

Siamo ad un tornante del vangelo, che è stato trasmesso catechisticamente nella formula dei “novissimi”, ma cadendo in disuso questa, non siamo più capaci di vivere le “cose ultime”, magari avendo appreso a valorizzare le “penultime”. Ma forse i tempi estremi che stiamo vivendo richiedono il recupero di una coscienza escatologica non solo teologica ma vissuta e condivisa come esperienza ecclesiale. Verrebbe da chiedersi, per esempio, se e quanto questo risvolto della fede della chiesa sia presente nei lavori del Sinodo sempre aperto!

 

Ed eccoci allora coinvolti nella parabola delle 10 damigelle d’onore che ci riportano alla realtà del regno di Dio nel loro andare incontro allo sposo con le loro lampade, ma tra di loro c’è chi si premunisce per eventuali ma probabili ritardi dello sposo e si approvvigiona di altro olio; e c’è chi invece pensa che tutto vada secondo le proprie previsioni, e quanto le loro lampade stanno per spegnersi chiedono solidarietà a chi non è in grado di concederla, ad evitare che tutte restino tagliate fuori dalla festa, magari per sentirsi dire dallo sposo, che nel frattempo era arrivato: “In verità io vi dico: non vi conosco”.

 

Ci viene detto quanto siano necessarie la saggezza e la preveggenza nella imprevedibilità dei tempi del Regno che viene, e quanto siano rischiose la superficialità e la mancanza di avvedutezza nell’andare incontro al futuro alla luce di questa raccomandazione: “Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”. Non è questione di rimanere svegli di continuo - infatti, “poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono “ -, quanto piuttosto di restare vigili per essere pronti al momento opportuno ed essere in grado di partecipare al banchetto di nozze dell’Agnello, perché di questo si tratta.

 

A questo proposito, san Paolo non vuole che si rimanga nella totale ignoranza, e ci lascia intravedere l’esito di questa partecipazione, perché non siamo tristi “come gli altri che non hanno speranza”. In sostanza c’è da tenere viva questa speranza, che ha le sue radici nel credere che Gesù è morto e risorto, e che il disegno del Padre è di radunarci tutti con lui, “e così per sempre saremo con il Signore”. I tempi e le modalità che Paolo indica sono relativi, un fatto culturale del momento, ma il messaggio che trasmettono è di speranza di vita eterna, anche per questo mondo in cui il potere della morte sembra dominare incontrastato. (ABS)


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