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24 settembre 2023 -  XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

Vincent van Gogh: La vigna verde (1888)

Otterlo (Paesi Bassi), Museo Kröller-Müller

 

 

PRIMA LETTURA (Isaia 55,6-9)

Cercate il Signore, mentre si fa trovare,
invocatelo, mentre è vicino.
L’empio abbandoni la sua via
e l’uomo iniquo i suoi pensieri;
ritorni al Signore che avrà misericordia di lui
e al nostro Dio che largamente perdona.
Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri,
le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore.
Quanto il cielo sovrasta la terra,
tanto le mie vie sovrastano le vostre vie,
i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.


SALMO RESPONSORIALE (Salmo 144)


Rit. Il Signore è vicino a chi lo invoca.

 

Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode;
senza fine è la sua grandezza.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità.

 

 

SECONDA LETTURA (Filippesi 1,20-24.27)

 

Fratelli, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia.

Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno.

Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo.

Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo.



VANGELO (Matteo 20,1-16)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:

«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.

Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

 

In altre parole…

La spinta che ci viene da queste letture è alla ricerca di Dio sempre da rinnovare nel senso in cui viene proposta da Gesù nel Discorso della montagna: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33). Qualcosa da non risolvere in spiritualismi di maniera o in intimismi elitari. Si tratta invece di dare spessore umano, valenza storica ed esperienziale alla pressante chiamata evangelica a convergere con tutte le nostre forze sul Regno di Dio che viene e che deve sempre prendere forma nella storia: lo possiamo cercare perché in concreto è il “Signore Dio”, “Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente!” (Ap 1,8): Colui che si fa presente e non si nega.   Anche una ricerca di pensiero o teologica  può avvenire validamente - e non solo formalisticamente – solo all’interno e come effetto di questo impatto reale, che ha una sua verità originaria. “In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,28). Il segreto è mantenere viva questa sensibilità e capacità di percezione!

È importante uscire da esortazioni e significati generici di una “ricerca di Dio” professionale, e renderci conto di quali sono le vie e le opportunità di incontro, perché di rapporto vivo si tratta e non di qualche bolla mistica o di costruzione mentale, quasi potessimo noi costruirgli una casa. Ci vuole desiderio e intuizione per cogliere il momento favorevole, perché è vero che c’è ricerca da parte nostra, ma sapendo al tempo stesso che siamo ricercati, ed allora le rispettive vie bisogna che si incontrino, come se ci fosse da aprire un tunnel da una parte e dall’altra! In sostanza c’è da dare corpo a questa possibilità che ci viene offerta: “Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino”. È una chance offerta prima che esigenza vitale.

È necessario raddrizzare le nostre vie tortuose, lastricate di empietà e di iniquità, fonte di pensieri perversi e devianti. Ci è data la possibilità di aprirci alla misericordia di un Dio che largamente perdona, e che quindi ci rimette in piedi e in cammino, perché, sì, egli viene a noi, ma nondimeno va cercato anche “andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi” (At 17,27). Quello che si richiede è il senso delle proporzioni e dare significato reale all’avvertimento che riceviamo: “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie”. Il cielo e la terra devono coordinarsi, ma non possono annullare le distanze per coincidere e appiattirsi!

Siamo riportati alla realtà e alla logica del regno dei cieli, che trova una sua espressione nel padrone di casa che esce all’alba per prendere a giornata lavoratori. La sua non è azione di paternalismo o di caporalato, ma chiama a lavorare nella vigna secondo le regole vigenti e pattuisce il giusto compenso della giornata. Ma sembra  che in questo caso non interessi tanto l’esecuzione del lavoro nella vasta vigna, quanto piuttosto  che a tutti sia assicurato di poter andare a lavorare, a qualunque ora del giorno. Ciò che per lui conta è la chiamata con relativa risposta da parte anche di quelli dell’ultima ora, che non sembrano rimanere sorpresi dell’ora tarda. La sua preoccupazione è chiara, quando dice a quelli che stavano in piazza oziosi: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente? Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella vigna”. Sono quanti non si negano al lavoro nel Regno, ma non sanno come fare per prestare la loro opera; non ne vedono neanche la possibilità e si sentono esclusi. La preoccupazione è che tutti si sentano chiamati a prestare la loro opera.

 

È questo il modo di pensare del padrone di casa, che non tradisce quanto concordato  con quelli della prima ora, ma dal suo punto di vista considera gli altri alla stessa stregua, non per la quantità e le ore di lavoro, ma per la disponibilità ad andare a lavorare nella vigna, magari riducendo le loro pretese  di compenso. Al momento della retribuzione, quelli che sono chiamati secondo accordi non possono rivendicare più degli altri, come essi si aspetterebbero; ma non possono neanche impedire che tutti gli altri usufruiscano della bontà del padrone, a dispetto della loro invidia: che siano chiamati secondo la Legge, ma secondo la fede! E anche questo è un modo di ribadire e farci capire che “gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi”. Ciò che assicura un posto a tutti senza esclusioni.

 

Ma a parte la versione spirituale che siamo soliti dare a queste parole, quale è in pratica la traduzione teologica, istituzionale e pastorale di questo modo di ragionare e di mandare avanti le cose? Di fatto noi siamo e ci sentiamo di diritto quelli della prima ora, e cioè sempre i primi in esclusiva, mentre sembra che in piazza non ci sia più nessuno. Dove sono in realtà nella nostra chiesa quelli delle diverse ore del giorno, a cui ripetere: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”? Ma è proprio su “quello che è giusto” che nasce il malcontento e il dissenso: là dove appunto i pensieri non sono gli stessi ma divergono.

 

E non basta, anzi è dannoso, addomesticare il modo di intendere e di agire del padrone ad un proprio criterio di giustizia o di giustificazione. Non sarebbe male rendersi conto di quanto di fatto pieghiamo e adattiamo la Parola di Dio alla nostra logica e ai nostri pensieri, pensando di renderla più plausibile o di facilitarne la comprensione. In realtà domina un modo di sentire ridotto a sentimento religioso, a razionalismi vuoti o a ideologismi di comodo, mentre difetta quel salto di qualità della fede che porterebbe a pensarla secondo Dio, e non secondo gli uomini! (cfr. Mt 16,23;  Mc 8,33).

Si smetterebbe così di valutare ogni cosa nel proprio involucro effettuale, certamente significativo dal punto di vista letterario, storico, psicologico e di prospettiva, ma non si potrebbe mai credere e dire che “Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia”. E questo perché anche qui “vivere nel corpo significa lavorare con frutto” a vantaggio dei fratelli, anche se il desidero sarebbe quello “di lasciare questa vita per essere con Cristo”. È questa la via che percorre e traccia san Paolo, che però si sente autorizzato a dirci: “Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo”. Ad un invito così esplicito dovremmo evitare di girarci troppo intorno: evitare di intendere per vangelo una nostra comprensione convenzionale di esso e non aver paura di ricominciare sempre daccapo a comprenderlo meglio! (ABS)


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