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 3 settembre 2023 -  XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

Luigi Garzi: Domine, quo vadis? (ca. 1700)

Parigi, Galleria Tarantino

 

PRIMA LETTURA (Geremia 20,7-9)

Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre;
mi hai fatto violenza e hai prevalso.
Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno;
ognuno si beffa di me.
Quando parlo, devo gridare,
devo urlare: «Violenza! Oppressione!».
Così la parola del Signore è diventata per me
causa di vergogna e di scherno tutto il giorno.
Mi dicevo: «Non penserò più a lui,
non parlerò più nel suo nome!».
Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente,
trattenuto nelle mie ossa;
mi sforzavo di contenerlo,
ma non potevo.


SALMO RESPONSORIALE (Salmo 62)


Rit. Ha sete di te, Signore, l’anima mia.

 

O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua.

Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode.

Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.

Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
A te si stringe l’anima mia:
la tua destra mi sostiene.

 

SECONDA LETTURA (Romani 12,1-2)

 

Fratelli, vi esorto, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale.

Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.



VANGELO (Matteo 16,21-27)

In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.

Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.

Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?

Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».



In altre parole…

 

Per quanto possa sembrare assurdo, succede che a percepire l’irriducibilità e la pericolosità della Parola di Dio siano più quanti la rifiutano e la temono, mentre quanti l’ascoltano e l’accettano ritualmente sono portati a ritagliarla e adattarla a se stessi e alle proprie situazioni, o come principio di dottrina o come fonte di spiritualità: molto meno come Parola che realizza quello che dice e dice quello che realizza. Non ci lasciamo facilmente sedurre e violentare dalla sua forza di verità, forse perché ci rendiamo conto che sarebbe pericoloso e ci esporrebbe alla derisione o alla persecuzione. Essa è sempre una irruzione che porta al sovvertimento della nostra esistenza!

 

Il profeta Geremia, che si lascia sedurre, è l’icona vivente di questo impatto con la Parola, che trova la sua messa a fuoco in Gesù e che si proietta su di noi, anche se da parte nostra abbiamo trovato i nostri aggiustamenti. Per quante cose si dicano, di fatto non parliamo più nel suo “Nome”, a meno che un fuoco ardente ci bruci nel cuore tanto da non riuscire a trattenerlo. Ci sentiamo troppo detentori, gestori e amministratori della Paola di Dio, che però è viva ed efficace di suo e non è legata a niente e a nessuno: appunto di Dio! Per quanto dolce e leggero, essa è quel peso di cui farsi carico, lo stesso di cui si è caricato il Figlio dell’umo, Gesù: quello della salvezza  che ha il suo simbolo nella croce!  

 

È a questa prospettiva e decisione che egli vuole portare i suoi e noi, senza sconti e senza generalizzazioni spiritualistiche: l’immagine di Luigi Garzi Domine, quo vadis? è emblematica di questa necessità. Dopo aver tanto detto e fatto vedere perché si rendessero conto per quale via li stesse portando, ad un certo momento Gesù comincia a spiegare senza mezzi termini ai suoi discepoli che egli deve andare comunque a Gerusalemme, dove l’aspettano opposizione crescente e tanta sofferenza per mano dell’apparato religioso, semplicemente perché in lui si incarnava la Parola di Dio vivente. Qualcosa che parla di vita data per il gregge, e quindi di morte, ma che trova tutto il risentito rifiuto di Pietro, che pensa di dissuaderlo, pur avendolo confessato “Cristo, Figlio di Dio”. È come quando ai nostri giorni si cerca di esorcizzare l’idea di sacrificio redentivo, stracciandosi le vesti per una persistente mentalità sacrificale, che però è solo il riflesso umano e storico del mistero della redenzione, che possiamo anche rifiutare, ma non accomodare.

 

Altro infatti è la via segnata nel disegno di salvezza dalla Parola di Dio, altro il modo a in cui viene proposto e condiviso nella prassi. Il duro rimprovero che Gesù rivolge a Pietro - fino a considerarlo un Satana che gli è di scandalo - sta a dirci in quale ordine di realtà egli si muove, mentre invita anche noi a muoverci sullo stesso piano, nel senso delle scelte fatte al momento delle Tentazioni nel deserto: e cioè a pensarla secondo Dio e non secondo gli uomini! Ma a pensarla secondo Dio in base a quanto gli facciamo dire noi con le nostre spiritualità, o a pensarla secondo Dio in radicale contrasto col modo di pensare degli uomini? Che non è separatezza ed estraneità, ma solo altro punto di vista per pensare le cose degli uomini secondo Dio, in una giusta luce.

 

Ma più che essere operazione interiore o mentale, tutto questo è prima di tutto volontà di andare dietro a lui e fare nostro il suo cammino verso Gerusalemme, dove sappiamo che c’è da rischiare la vita, ma dove in realtà il Figlio dell’uomo va verso la gloria del Padre suo, e cioè verso la salvezza della vita propria e di quella altrui. Non è questa la logica elementare a cui Gesù vuole portarci, mentre ci avverte che anche guadagnare il mondo intero porta alla perdizione? Non è solo un principio generale a cui attenersi, ma disponibilità a perdere la propria vita a causa sua e del suo vangelo, senza riduzionismi della verità anche se all’atto pratico rimaniamo ben lontani dal viverla in pieno. Ma è questo il nostro modo di sentire e di vedere, a parte la ripetizione verbale di queste parole? Il problema è se egli riconoscerà nelle nostre le sue stesse azioni, che però vanno rivissute come ci riesce.

È a questo - a questa esistenza di fede interna all’esistenza quotidiana - che vogliono portare le poche parole di Paolo, con il suo fraterno e accorato incitamento a renderci disponibili, anima e corpo, perché la nostra risposta sia alla misericordia di Dio, quale culto in spirito e verità, nel coinvolgimento totale del nostro essere: si tratta di non conformarci al modo di ragionare di questo mondo e di rinnovarci nel nostro stesso modo di pensare, non solo come esigenza personale ma come istanza dei discepoli tutti nel mondo.

In sostanza si tratta di trovare la giusta lunghezza d’onda per sintonizzarci nel “discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”. È quanto chiediamo nella preghiera al Padre che Gesù ha insegnato: che il suo volere si realizzi in cielo e in terra, che si ristabilisca una corrispondenza tra esistenza umana ed esistenza di fede. Ed è quanto la sequela di Gesù può procurarci. (ABS)


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