16 luglio 2023 -  XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

Jean-François Millet: Il seminatore (1850)

Boston, Museum of Fine Arts

PRIMA LETTURA (Isaia55,10-11)

Così dice il Signore:
«Come la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme a chi semina
e il pane a chi mangia,
così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».


SALMO RESPONSORIALE (Salmo 64)


Rit. Tu visiti la terra, Signore, e benedici i suoi germogli.

 

Tu visiti la terra e la disseti,
la ricolmi di ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu prepari il frumento per gli uomini.

Così prepari la terra:
ne irrìghi i solchi, ne spiani le zolle,
la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli.

Coroni l’anno con i tuoi benefici,
i tuoi solchi stillano abbondanza.
Stillano i pascoli del deserto
e le colline si cingono di esultanza.

I prati si coprono di greggi,
le valli si ammantano di messi:
gridano e cantano di gioia!

 

SECONDA LETTURA (Romani 8,18-23)

Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.

La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.

Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.



 

 

VANGELO (Matteo 13,1-23)

 

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.

Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.

Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!

Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

 

 

In altre  parole…

 

“Cielo e terra” tornano ancora una volta a richiamarsi nell’ordine della creazione come pure nel disegno del Creatore, in una corrispondenza  significativa tra pioggia/neve e Parola di Dio, motivi di speranza  per un mondo che sembra alla deriva: così come la pioggia scende dal cielo, la Parola di Dio esce dalla bocca del Signore per riempire la terra della sua gloria. È in questa luce di gratuità e di fecondità che possiamo recitare parole come “sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”: non in termini imperativi ma collaborativi. E avendo anche presente che “non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”, tanto che Gesù stesso dirà: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera”. Siamo in pieno regime di cooperazione e di attuazione di un disegno solidale di salvezza.

 

Ma ecco come possono andare le cose a proposito della semina di questa Parola, che viene sparsa senza riserve su tutti i terreni umani. C’è la larghezza del seminatore, ma c’è anche la differente recezione degli ascoltatori, invitati a prendere atto del proprio atteggiamento nei confronti dell’annuncio del Regno e della necessaria conversione per credere al vangelo. Nessuna forzatura o imposizione, ma libera corrispondenza a quanto la Parola di Dio viva ed efficace può operare in noi. Di qui la raccomandazione di Giacomo ad accogliere “con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime” (Gc 1,21).

 

Gesù si trova a tirare le somme del suo esplicito annuncio del Regno e deve prendere atto che la sua predicazione per ¾ cade nel vuoto e che solo in minima parte arriva a segno, e lo fa capire con questa figura di seminatore in cui lascia intravedere se stesso, anche se questa sua immagine sembra poco presente nell’immaginario collettivo, a differenza di altre (Buon pastore, Agnello di Dio..). Molto realisticamente egli mette se stesso, i suoi  e gli ascoltatori tutti davanti alle sorti del Regno di Dio in questo mondo, senza nascondere il fallimento della sua predicazione, anzi per farci capire come mai il seme non attecchisce, non si sviluppa e muore, al tempo stesso in cui si dà rilievo al fatto che  “parte cadde sul terreno buono e diede frutto”. Il Regno di Dio non è mai qualcosa di totalizzante e di universalistico, ma è tendenzialmente tutto in tutti, ed ha una sua storia tra gli uomini.

 

I discepoli - quelli allora presenti e quelli futuri delle prime comunità cristiane - sembrano restare sorpresi del cambiamento di tono e di linguaggio e si interrogano sia quanto all’insegnamento per parabole che sulla interpretazione della parabola del seminatore. Dopo l’annuncio esplicito del Regno di Dio, che ha portato agli esiti descritti nella narrazione del seminatore, l’insegnamento diventa obliquo, e questo solo perché chi ha orecchi per intendere intenda: chi è predisposto a capire attraverso situazioni vissute e significative, ma che rimandano ad altro, comprenderà il messaggio velato, che resterà invece nascosto a quanti non vanno al di là del racconto immediato che rimane indecifrabile. È quando il mezzo si fa messaggio e diventa fine, fino a perdere qualunque significato ulteriore: è quando la Parola di Dio rimane alla lettera ed è priva di una intelligenza di fede. Sì, perché la fede è atto di intelligenza e di verità, oltre che essere sentimento e volontà, evocazione ed enfasi!

 

Si potrebbe dire che abbiamo qui la riprova di ciò per cui Gesù rende lode al Padre, che rivela ai semplici i misteri del regno, nascosti invece ai sapienti, e cioè a quanti pensano di avere criteri di giudizio preconcetti per decidere loro dell’opera di Dio. A parte l’incapacità ad avere una penetrazione reale di questo “mistero”, l’aggravante per noi è la tendenza diffusa a volerlo rendere plausibile e accettabile grazie ai suoi risvolti emotivi e pratici, di facile comprensione ma vuoti di fede. Le parole del profeta Isaia offrirebbero un criterio di discernimento e di verifica del credere del Popolo di Dio: se è una fede basata sull’udire e non comprendere, sul vedere e non guardare, su ciò che soddisfa la nostra sfera sensoriale per finire solo ai segnali. Ma se siamo dichiarati beati perché i nostri occhi vedono e i nostri orecchi ascoltano, dobbiamo renderci conto che ci muoviamo su un altro piano e non tutto è così scontato! Non sempre la “buona fede” è una “fede buona”!

 

La spiegazione della parabola che viene riservata ai discepoli non fa che confermare quanto è stato detto: ascoltare la Parola senza comprenderla è come lasciarla preda del Maligno che la ruba; lasciarsi andare ai facili entusiasmi senza perseveranza è come farla abortire; pensare di conciliarla con le preoccupazioni e le seduzioni del mondo vuol dire lasciarla soffocare. Le parole che invece si dovrebbero avere presenti sono precisamente queste: “Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende”. Una comprensione che nasce dentro la fede, se questa nasce dall’ascolto della parola di Cristo che è il seminatore uscito a seminare. Infatti: “La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo” (Rm 10,17).

 

È ancora lui a dire apertamente che “se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, gt produce molto frutto” (Gv 12,24). È così che si diventa partecipi dell’”ardente aspettativa della creazione, protesa verso la rivelazione dei figli di Dio”, verso la “libertà della gloria dei figli di Dio”. E in questo siamo solidali col travaglio di tutta la creazione che aspira ad una vita nuova, la quale è già in atto, ma non ancora compiuta. Quello che conta è che ci sono i germi di questa redenzione e “che possediamo le primizie dello Spirito”. 

 

Ma quanto la spiritualità corrente è incanalata su questo sentiero di liberazione e quanto invece induce ad aggiustamenti sedentari rassicuranti? Come chi il talento della Parola di Dio preferisce nasconderlo e sotterrarlo tra i sassi piuttosto che seminarlo con tutta la pazienza che ci vuole. Infatti: “Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza” (Lc 8,15). Stiamo attenti a non rimanere vittime del solo ascolto. (ABS)


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