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23 luglio 2023 - XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

Camille Pissarro: La mietitura (1882)

Melbourne, National Gallery of Victoria

 

 

PRIMA LETTURA (Sapienza 12,13.16-19)

Non c’è Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose,
perché tu debba difenderti dall’accusa di giudice ingiusto.
La tua forza infatti è il principio della giustizia,
e il fatto che sei padrone di tutti, ti rende indulgente con tutti.
Mostri la tua forza
quando non si crede nella pienezza del tuo potere,
e rigetti l’insolenza di coloro che pur la conoscono.
Padrone della forza, tu giudichi con mitezza
e ci governi con molta indulgenza,
perché, quando vuoi, tu eserciti il potere.
Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo
che il giusto deve amare gli uomini,
e hai dato ai tuoi figli la buona speranza
che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento.


SALMO RESPONSORIALE (Salmo 85)


Rit. Tu sei buono, Signore, e perdoni.

 

Tu sei buono, Signore, e perdoni,
sei pieno di misericordia con chi t’invoca.
Porgi l’orecchio, Signore, alla mia preghiera
e sii attento alla voce delle mie suppliche.

Tutte le genti che hai creato verranno
e si prostreranno davanti a te, Signore,
per dare gloria al tuo nome.
Grande tu sei e compi meraviglie:
tu solo sei Dio.

Ma tu, Signore, Dio misericordioso e pietoso,
lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà,
volgiti a me e abbi pietà.

 

SECONDA LETTURA (Romani 8,26-27)

Fratelli, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio.



VANGELO (Matteo 13,24-43)

 

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”».Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».

Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:

«Aprirò la mia bocca con parabole,

proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».

Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».

 

 

In altre  parole…

 

La visione rimane quella della semina nel campo, che è il mondo; ma questa volta siamo alla mietitura, quando la zizzania sarà separata dal grano. Prima di allora, come stanno le cose riguardo a questa presenza negativa nella storia? Quando ripetutamente diciamo nel “Pater” “liberaci dal male (Maligno)”, forse la nostra richiesta sa di interventismo e di miracolismo, e così ci rifugiamo in un remoto sentimento protettivo che ci fa dimenticare il male. Per la verità non mancano a nessuno occasioni, motivi, segnali, per desiderare che tanta malvagità o malignità possa essere eliminata e non si incancrenisca tra le pieghe di questo nostro mondo, che ne soffre. Ci aspettiamo di essere salvaguardati e di scamparla!

 

Pensiamo meno invece che è in gioco una reale liberazione, qualcosa che ci vuole attori e non solo passivi beneficiari. E allora l’invocazione del “Padre nostro” deve voler dire che ci venga data luce, voglia, forza perché questa liberazione avvenga in piena partecipazione. Perché alla fine è a questo che siamo portati ed è così che si compie il disegno di salvezza. Possiamo ripeterci che è qui il filo conduttore della esistenza stessa di Gesù, che chiamiamo Salvatore, Redentore, Liberatore, e che come tale è per noi via, verità e vita, qualcosa che ci mobilita! Altro che  icona per rapimenti devozionali!

 

Egli non manca di darci il suo esempio per far fronte alle avversità, come quando ci dice di imparare da lui mitezza e umiltà di cuore, ma non manca neanche di insegnarci a come vincere il male, senza per questo volercelo spiegare: è la nostra condizione da cui impegnarsi ad uscire in tutte le maniere. Ma noi siamo educati più che altro a voler bene e a fare del bene, e parlare di liberazione dal male ci riporterebbe al discorso sulla mortificazione per vincere il peccato nella propria sfera individuale e magari psicologica. Sottovalutiamo il fatto che in gioco c’è il Regno di Dio con la sua giustizia come obiettivo primario.

 

Il Regno di Dio in questo caso è assimilato ad un uomo che semina del buon seme nel suo campo, ma al tempo stesso non esclude che qualcuno semini anche zizzania, cosa da cui noi rifuggiamo perché contrasta con la nostra immagine del buon Dio. Per quanto però si dissimuli la presenza del male nel mondo, siamo costretti a prenderne atto, e più che dare spiegazioni siamo coinvolti nella lotta di liberazione sia nel privato che nel pubblico: perché è un problema umano e dell'umanità! Dal punto di vista biblico basterebbe pensare a Geremia e a Giobbe, ma in questa linea troviamo anche il Battista, che parla di scure alla radice dell’albero e di ventilabro che deve separare il grano dalla pula. Così come Giacomo e Giovanni si fanno avanti per invocare “il fuoco dal cielo per distruggere le città della Samaria" (cfr. Lc 9,54-55). Nella scia della tradizione si ritrovano dunque anche i discepoli, e d’altra parte continuiamo a muoverci anche noi con la nostra cultura e con la nostra stantia mentalità ecclesiale: se non siamo vittime di incoscienza e di rassegnazione, siamo tutti pronti a sentenziare, a schierarci e anche ad intervenire contro il male e i suoi operatori.  Possiamo riconoscerci in quei servi volenterosi che dicono al padrone a proposito della zizzania: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. 

 

Per la verità non mancano iniziative, pronunciamenti, prese di posizione polemiche per sconfiggere un sistema sociale, economico, e anche politico, fonte di ingiustizia e di male: quello che lamentiamo ogni giorno. La logica di Cristo – e quindi possibilmente del cristiano – non è di questo tipo: voler sradicare con violenza il male è controproducente e alla fine è anche un controsenso, tant’è che ci viene raccomandato di non mettersi a tu per tu col maligno, “anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra” (cfr. Mt 5,39). Mentre Paolo in Romani 12,21 ci ripete: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male”.

Certo, accettare che il grano e la zizzania crescano insieme fino alla mietitura non è per niente facile e richiede esercizio di grande speranza con la “pazienza di Cristo” (2Ts 3,5). Quello che può darci forza e fiducia è che questo Regno di Dio non è altro che un piccolo granello di senape, che però ha in sé potenza e vitalità per diventare grande albero, ricettacolo degli uccelli dell’aria: meravigliosa visione di vita e di pace! È a questo che deve portare la vittoria sul male: a sprigionare energie di bene che si irradino intorno, così come un piccolo pugno di lievito può far lievitare tutta la pasta. Bisogna insomma evitare una visione unilaterale o manichea del Regno di Dio nella storia, sapendo che “soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono” (Mt 11,12). Alla fine, la nostra vittoria è non lasciarsi sopraffare dal male!

Nella spiegazione riservata ai discepoli, si precisa che l’uomo che semina è lo stesso Figlio dell’uomo, che il buon seme sono i figli del Regno, mentre i figli del Maligno sono la zizzania. Essere “figli del Regno” potrebbe diventare un nostro modo di essere e la nostra ambizione, così come del resto siamo portati a stigmatizzare i “figli del Maligno”, sapendo che la lotta di liberazione condotta dal Figlio dell’uomo è anche la nostra battaglia, a meno che non si voglia restringere la fede in Cristo ad una purificazione interiore dal peccato moralisticamente inteso, qualcosa che esula dalla prospettiva del vangelo. Ecco allora la raccomandazione: “Chi ha orecchi, ascolti!”, che ci riporta a Luca 8,18: “Perciò attenzione a come ascoltate”.

Ci viene detto per bocca del profeta che i grandi misteri dell'esistenza umana ci vengono proposti in parabole: “Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo”: proprio perché li viviamo più o meno riflessivamente, ci è dato di capire anche le parabole. E per quanto riguarda l’eterno problema del male, approcci  non mancano, come nel caso del libro della Sapienza, che sembra ventilare  quanto viene esemplificato col grano e la zizzania. Dato che Dio ha cura di tutte le cose non può essere artefice di cose ingiuste; proprio la sua forza e la sua padronanza lo rendono indulgente. Nelle formule liturgiche, colui che è l’Onnipotente viene al tempo stesso invocato come Misericordioso!

La potenza di Dio si manifesta nella debolezza: “Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini, e hai dato ai tuoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento”. Davanti ad affermazioni del genere, di portata immensa, come è possibile immiserire tutto a fervorini? Le pochissime parole della lettera ai Romani rincarano la dose, per avere dallo Spirito aiuto nella nostra debolezza, per riuscire a pregare in modo conveniente e non moltiplicando parole, perché tutti i nostri desideri vadano in porto  secondo i disegni di Dio. (ABS)


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