O

30 luglio 2023 - XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

Andrea Pisano: Re Salomone (1337-41)

Firenze, Museo dell'Opera del Duomo

 

PRIMA LETTURA (1Re 3,5.7-12)

In quei giorni a Gabaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda».

Salomone disse: «Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per la quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?».

Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te».

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 118)

Rit. Quanto amo la tua legge, Signore!

 

La mia parte è il Signore:
ho deciso di osservare le tue parole.
Bene per me è la legge della tua bocca,
più di mille pezzi d’oro e d’argento.

Il tuo amore sia la mia consolazione,
secondo la promessa fatta al tuo servo.
Venga a me la tua misericordia e io avrò vita,
perché la tua legge è la mia delizia.

Perciò amo i tuoi comandi,
più dell’oro, dell’oro più fino.
Per questo io considero retti tutti i tuoi precetti
e odio ogni falso sentiero.

Meravigliosi sono i tuoi insegnamenti:
per questo li custodisco.
La rivelazione delle tue parole illumina,
dona intelligenza ai semplici.

 

SECONDA LETTURA (Romani 8,28-30)

Fratelli, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno.

Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati.

 

 

 

 

VANGELO (Matteo 13,44-52)

 

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:

«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.

Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».



In altre  parole…

Il Re Salomone di Andrea Pisano si presenta come colui che “ama la giustizia”, frutto della richiesta che egli fa al Signore suo Dio: “Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?”. È la domanda che inevitabilmente ci facciamo riguardo ad un possibile governo del mondo attuale, domanda che diventa sempre più angosciante. Ma quanto siamo lontani dagli  orizzonti biblici di saggezza e di giustizia! Non è però da pensare che le parole di Salomone siano dovute ad una concezione solo religiosa: esse esprimono semplicemente il senso più umano dell’esercizio del potere, che passa sì come “servizio”, ma che di fatto è la somma di sondaggi, di consenso e di successi mascherata di democrazia. C’è un deficit di sapienza, che del resto non si cerca neanche, perché tutto sembra giovato tra contrapposte volontà di potenza.

Per la verità, una ricerca di sapienza è oggi abbastanza diffusa, ma in chiave interiore e individuale, magari guardando ad Oriente; mentre in ambito ecclesiale tutto sembra risolversi in intimismo, senza che una ricerca sapienziale diventi prerogativa di “discernimento nel giudicare”, e quindi qualcosa di pubblico. È difficile insomma che il tanto decantato discernimento superi i confini interiori e diventi un giudicare dal punto di vista del Regno di Dio, e cioè secondo sapienza evangelica. E certamente non potremmo applicare a noi le parole di Deuteronomio 4,6: “Quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”. È quanto è detto anche in Matteo 5,14: “Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte”!

Non possiamo nasconderci che la chiesa italiana è entrata nella “fase sapienziale” del suo impegno sinodale, ma non è dato vedere quanto questo investa e coinvolga la comunità dei credenti e non sia invece un esercizio di parole all’interno di nuovi formulari divenuti ormai luoghi comuni. Qualcosa di nuovo sul piano di soggetti evangelici è difficile vederlo, e un Popolo messianico, profetico e sacerdotale stenta a prendere corpo! Questa vocazione di fede matura e responsabile sembra nascosta agli occhi di una chiesa ancora ad impronta gerarchica!

Stando alla spiegazione della parabola  Gesù dà ai discepoli, il grano e la zizzania  rappresentano rispettivamente i “figli del Regno” e i “figli del Maligno”:  una visione e collocazione nel mondo molto chiara e impegnativa, tutta da interpretare. Si tratta in sostanza di usare saggezza, di avere l’atteggiamento dello scriba o del sapiente, che si fa discepolo del regno dei cieli: che scruta sì le Scritture, ma non per rimanere ad esse, quanto piuttosto come porta di ingresso al Regno. Egli deve sentirsi come il padrone di casa, che tira fuori cose nuove e vecchie da quanto è nella sua disponibilità! Se queste parole valgono per tutti e non solo per addetti e specialisti, esse ci dicono che la nostra comprensione delle Scritture deve abilitarci a disporre di quello che è il tesoro che in esse si nasconde.

Essere “figli del Regno” ci pone in una posizione di apertura, di ricerca, di condivisione; diversamente lo saremmo come categoria e come etichetta, non come consapevolezza e responsabilità. Infatti, anche i “figli del Regno” solo a parole rischiano l’esclusione! Ricordiamo quanto Gesù dice, mettendo a confronto la fede del centurione e i “figli del Regno”: “In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande. Ora vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti” (Mt 8,10-12). Sono i “figli del regno” sicuri di sé e appagati, che si ritengono tali per diritto o per qualche merito particolare!

Quello che ci deve stare a cuore è addentrarsi e avanzare nella comprensione dei misteri del Regno, una prospettiva che sembra scomparsa dall’orizzonte della vita cristiana, che relega l’interesse per il Regno di Dio a mondi futuribili; così come del resto l’annuncio del vangelo solo di riflesso è predicazione del Regno vicino, mentre si impone in senso spiritualistico, moralistico o umanitario. Ma dove e come il fatto nuovo del Regno di Dio che viene e che ci chiama in causa? Quante questioni futili e inutili cadrebbero come foglie morte, per ritrovarci nella ritrovata nudità di “figli del Regno”?

Non possiamo disattendere l’imperativo con cui Gesù conclude il Discorso della montagna, che ci fa capire come si struttura la vita dei discepoli che entrano in questa dimensione: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33). Ecco allora le parabole odierne ad orientarci in questa direzione e a ricordarci quello che ci deve stare a cuore: ciò per cui spendersi e spendere tutti i propri averi, pur di poter entrare in possesso del Regno. E non a caso si torna a parlare di “tesoro”: questo mistero del Regno nascosto da sempre nel campo del mondo e della storia. Se davvero lo scopriamo e lo apprezziamo per quello che è come “sommo bene”.

Qualcosa che ci fa scommettere tutto e impegnare i propri averi, pur di entrare in possesso del campo in cui il tesoro è nascosto: si tratta di accettare e spendere senza riserve la propria esistenza così com’è, nella certezza che in essa si nasconde qualcosa di prezioso da non svalutare o barattare! Qualcosa che è motivo di gioia, come per la dramma perduta e ritrovata. Ma mentre nel tesoro trovato nel campo c’è pura casualità, nel caso del mercante in cerca di perle c’è una intenzione precisa e mirata: c’è un darsi da fare fino a quando non capita tra le mani una perla di grande valore, per avere la quale essere pronti a disfarsi di tutti i propri averi. Non è fuori luogo ricordare le drastiche parole di Gesù: “Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo” (Lc 14,33). Non si tratta di una scelta ulteriore di perfezione rispetto alla scelta del Regno, ma della condizione base  con la quale è necessario misurarsi come stile di vita e scala di valori in quanto comunità cristiana.

Gesù sta parlando a coloro che egli aveva promosso a “pescatori di uomini”, e quando il Regno di Dio è presentato come “una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci”, il discorso è come personalizzato: riprende in altri termini il momento finale della parabola del grano e della zizzania, quando “verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni”,  ma soprattutto c’è l’invito a non avere pregiudizi, a non fare preclusioni, a non volere garanzie prima del tempo per quanto riguarda la partecipazione al Regno. Un invito ad usare saggezza, ad avere il gusto, il sapore, il ”profumo di Cristo” (2Cor 2,15), tanto da essere riconosciuti come suoi discepoli.

E cioè come “coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno”, e che devono condividere i vari passaggi per rientrare nella gloria dei figli di Dio: infatti “quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati”. È quanto avviene di noi in Cristo Gesù. All’origine di questa vocazione universale c’è però un disegno, in quanto “quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli”. Sono parole alquanto dense per essere comprese immediatamente; ma alla fine esse si sciolgono come neve al sole, se guadiamo alla nostra condizione attiva di credenti, perché non fanno che dirci la verità di quanto ci è dato di vivere per grazia! (ABS)


.