9 luglio 2023 -  XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

Giorgio Vasari: Cristo portacroce (1553)

Collezione privata

PRIMA LETTURA (Zaccaria 9,9-10)

Così dice il Signore:
«Esulta grandemente, figlia di Sion,
giubila, figlia di Gerusalemme!
Ecco, a te viene il tuo re.
Egli è giusto e vittorioso,
umile, cavalca un asino,
un puledro figlio d’asina.
Farà sparire il carro da guerra da Èfraim
e il cavallo da Gerusalemme,
l’arco di guerra sarà spezzato,

annuncerà la pace alle nazioni,
il suo dominio sarà da mare a mare
e dal Fiume fino ai confini della terra».

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 144)

Rit. Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.

 

O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.

Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.

 

 

SECONDA LETTURA (Romani 8,9.11-13)

 

Fratelli, voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene.

E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.

 

VANGELO (Matteo 11,25-30)

 

In quel tempo Gesù disse:

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

 

In altre  parole…

 

Dalle parole del profeta Zaccaria siamo riportati all’ingresso osannante di Gesù in Gerusalemme nell’effimero tripudio delle folle per il re giusto e vittorioso: parole a cui siamo assuefatti e che non provocano in noi vera esultanza, se non come riflesso condizionato di retorica liturgica. Si direbbe che siamo in un altro mondo, che visitiamo nel nostro immaginario religioso per lo spazio di una celebrazione, ma che poi non è il mondo della nostra esistenza: dove la nostra capacità di esultare, di lodare, di glorificare, così come il canovaccio liturgico suggerirebbe?

A maggior ragione si rischia di esseresoltanto ascoltatori, illudendo noi stessi” (Gc 1,22) quando ci vengono detti i motivi di questa esultanza, e cioè che il Signore “farà sparire il carro da guerra da Èfraim / e il cavallo da Gerusalemme, / l’arco di guerra sarà spezzato, / annuncerà la pace alle nazioni”. Ci viene detto in sostanza che sarà cancellata l’idea stessa della guerra e sarà pace perpetua: ma come la mettiamo tra questa innegabile visione messianica e l’andamento della storia che abbiamo sotto gli occhi? Basta usare indifferentemente registri diversi per momenti diversi? Tra la sfera messianica e quella storica non ci dovrebbe essere interazione e convergenza, come in cielo così in terra? È chiaro che questa speranza messianica deve trovare interpreti convinti, per prendere corpo in un Popolo dichiarato appunto “messianico” per vocazione.

Come questo possa avvenire ce lo fa intravedere il passo del vangelo, in cui Matteo presenta Gesù sorprendentemente alla maniera di Giovanni, e cioè nella sua interiorità: quando egli ci rivela la piena coscienza dell’opera del Padre  attraverso di lui, ma anche il senso della sua missione tra gli uomini. In attitudine di lode al Padre, non può non rallegrarsi che la buona novella sia annunciata e accolta dai poveri, i piccoli e i semplici, mentre rimane nascosta ai sapienti e ai dotti: il mistero del Regno è rivelato a chi lo accoglie come dono gratuito e incondizionato, mentre è inaccessibile  a quanti lo avvicinano pieni di precomprensioni e sanno già cosa pensarne e come gestirlo!

E qui c’è una precisa scelta di benevolenza da parte del Padre, che non può essere disattesa, perché ci metteremmo fuori della comunicazione che c’è tra il Padre e il Figlio, e alla quale siamo ammessi alla sola condizione di lasciarsi illuminare dal Figlio che ci rivela il Padre e che ci vuole uniti a lui come tralci alla vite. Il suo non è un invito intimista per spirituali, ma è rivolto a quanti sono stanchi ed oppressi: a quanti soffrono ingiustizie, sopraffazioni, schiavitù di ogni tipo, in poche parole all’umanità oppressa e bisognosa di ritrovare la propria dignità e libertà, la propria pace. Egli ci assicura di essere per noi ristoro e darci riposo, e non possiamo certamente disattendere quanto ci assicura. Sì, c’è da andare a lui, ma per  sottoporsi allo stesso suo giogo nell’adempimento del disegno del Padre. E per questo c’è da imparare dal suo stesso modo di essere in quanto “mite e umile di cuore”, e di sicuro non mancherà il necessario sostegno per la nostra vita, anche perché il gioco e il peso da portare sono il gioco e il peso di cui egli si fa carico: “Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato” (Is 53,4). Il Cristo portacroce del Vasari ci riporta a questa realtà, che non può rimanere confinata al puro sentimento religioso o a rituali “Via crucis”!

Stando alle sue parole, non si tratta di imparare una dottrina, di attenersi ad un codice morale, di apprendere pratiche spirituali; si tratta di dimorare e rimanere nel suo amore,  di avere o non avere il suo Spirito, che non è un lusso e un abbellimento interiore, ma è vita di lotta contro il dominio della “carne”: quel sistema di potere palese ed occulto di cui non essere più schiavi o debitori. Se questo Spirito abita in noi e agisce in noi, noi camminiamo nella verità e nella libertà, che non sono valori astratti, ma sfide incalzanti in un mondo di falsità e di sopraffazione. Forse non siamo più come i discepoli di Efeso che non avevano nemmeno sentito dire che ci fosse uno Spirito santo (cfr. At 19,2), ma certamente non si può dire che la nostra sia una esistenza ecclesiale vissuta sotto la potenza dello Spirito, per lasciarsi guidare alla verità tutta intera! Non si capisce perché tutto questo debba apparire come una sovrastruttura provvisoria e non diventi anima della nostra vita quotidiana!

In sostanza, siamo partecipi insieme a Cristo della lotta in atto tra la morte e la vita, tra ciò che fa vivere e ciò che fa morire, anche se non siamo abituati ad impostare l’esistenza cristiana in questi termini. Per cui trovano poca risonanza in noi le forti parole che leggiamo in Efesini 6,12: “La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti”. Quando la smetteremo con i nostri facili trionfalismi e con le nostre adunate dimostrative, per ritrovare il senso della fede e della misura nel nostro modo di essere discepoli?

No, il carro da guerra non sparirà e l’arco di guerra non sarà spezzato, così come non sarà eliminata la morte. Ma sappiamo che tutto questo è depotenziato e può essere neutralizzato, se ci sono donne e uomini che facciano valere la potenza dello Spirito e facciano argine al mondo della violenza e alla logica di potenza, appunto nella mitezza e nell’umiltà di cuore. Non è questione di scontati pronunciamenti contro la guerra o di aggiornamenti e accomodamenti della Dottrina sociale riguardo a qualcosa di insano e di alieno dall’umana ragione. Purtroppo siamo più pronti ad accettare situazioni di fatto e logiche di potere, piuttosto che farsi interpreti dello Spirito di Cristo che vorrebbe rinnovare la faccia della terra!  (ABS)


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