Koinonia Maggio 2019


CHIESA, DONNE, SINODALITÀ

 

Don Armando Matteo, già assistente nazionale degli universitari cattolici (Fuci), in un libro pubblicato nel 2012 con il titolo “La fuga delle quarantenni”, si poneva il problema del difficile rapporto delle donne con la Chiesa partendo dalla constatazione che le donne non sono un mondo che cambia, ma sono già cambiate, con o senza la benedizione della Chiesa. Si tratta di un segno, conclude, che non può più essere minimizzato o oscurato. Non si può più infatti dare per scontata la trasmissione materna della fede di generazione in generazione, così come l’assunzione da parte delle donne più giovani dei ruoli di catechista, animatore, cantore, lettore ecc., come anche la disponibilità tradizionalmente femminile a mettere mano e a dare risposta alle tante necessità presenti in ogni comunità.

Ma c’è qualcuno nella Chiesa che tenta di affrontare con lucidità e coraggio questo atteggiamento di estraneità delle giovani donne, proporzionalmente maggiore, soprattutto in relazione ad un passato anche recente, rispetto ai giovani uomini?

Ancora don Matteo, con un po’di ironia, nota che nella Chiesa circola un immaginario diffuso circa le donne: esse spesso sono responsabili di tutto ma poi alla fine non decidono praticamente niente; e inoltre da loro si desidera in genere un servizio concreto, spicciolo, mentre le decisioni operative restano in mano della componente maschile-clericale, per non parlare di tante altre situazioni di difficoltà di rapporti con il clero in proporzione al livello di preparazione culturale, biblica o teologica delle donne  e, in questo caso, dei laici in genere.

In questi ultimi tempi assistiamo ad un ulteriore cambio di passo: aumenta l’estraneità nei confronti della Chiesa delle donne più giovani ma aumenta anche il senso di disagio e di insofferenza delle meno giovani, aumenta il senso di insoddisfazione reso esplicito. Si diffonde la riflessione su questi temi in gruppi ecclesiali che si mettono in rete, appaiono iniziative di donne che in maniera diretta affrontano il tema della donna nella Chiesa a partire dagli studi sulle prime comunità cristiane e sull’influenza, nei tempi successivi, della struttura imperiale romano-bizantina  sull’organizzazione gerarchica della Chiesa.

Studi, libri, articoli trattano apertamente questo tema, che anche solo pochi anni fa era affrontato in ambienti ristretti; l’apertura delle facoltà teologiche ai laici e quindi alle donne, positiva conseguenza del Concilio Vaticano II, ha dato impulso a nuove direzioni di studio in particolare sulla struttura della Chiesa a partire dal concetto di popolo di Dio, regale, profetico e sacerdotale, della Chiesa come comunione, dei ministeri come servizio. Gli studi e le iniziative delle teologhe, riunite nel loro Coordinamento ma anche in stretta collaborazione con l’ATI (Associazione dei teologi italiani), hanno favorito la diffusione di dibattiti su questi  temi e la loro pubblicizzazione anche sui siti  di molti gruppi e associazioni.

Sulla necessità di fare spazio alle donne nella vita della Chiesa convergono in molti, anche vescovi, ma soprattutto papa Francesco che ha dato molti segnali positivi in questo senso a cominciare, anni fa, dall’istituzione di una commissione vaticana sul diaconato femminile dagli esiti, peraltro, ancora molto incerti. Il rischio è, però, che si dia più spazio alla donna nei discorsi di lode e di apprezzamento e ancora nulla nella partecipazione effettiva.

“Il cammino sinodale è il cammino che Dio si attende dalla Chiesa del terzo millennio” sono le parole del papa pronunciate il 17 ottobre del 2015 in occasione del cinquantesimo anniversario dell’istituzione del Sinodo. Nei quattro anni trascorsi da allora il tema della sinodalità della Chiesa si è sviluppato  in relazione a quello della comunione, a quello del popolo di Dio, a quello dei ministeri e anche del ministero ordinato: su questi temi si è concluso a Puebla in Messico, il 25 aprile scorso, un convegno di teologi e pastoralisti dell’America latina, della Spagna e delle comunità latino americane residenti negli Stati Uniti.

Un teologo venezuelano, padre Trigo, a commento afferma: ”Il Concilio ha invertito la piramide ecclesiale: l’intero popolo di Dio - laici religiosi, sacerdoti, vescovi e il papa - deve trovare i modi per esprimere la propria partecipazione alla vita della Chiesa. È importante stimolare la transizione da una chiesa clericale centrata solo sulla catechesi e nella distribuzione dei sacramenti, a una chiesa sinodale, nella quale i fedeli, nella loro totalità e a tutti i livelli, siano trattati come soggetti e come tali si esprimano e si sentano legati alla missione ecclesiale. (da Avvenire del 24/04/2019).

Penso anche che si debba considerare finito il tempo in cui la Chiesa istituzione parlava ”della donna” e “sulla donna” astraendo dalla concretezza delle donne considerate e riconosciute nelle singole specificità che sono la realtà della vita e fanno la differenza. Dice la teologa Marinella Perrone: “Pensare la Chiesa con le categorie di una donna significa ripensare e far ripensare la Chiesa alle donne, attraverso le loro categorie, che sono più ricche e differenziate di quanto fin qui è stato percepito” (da un’intervista a E.C.O.).

Superare il clericalismo nella Chiesa, la sacralità del ministero ordinato, considerare le funzioni come servizio, valorizzare il sacerdozio universale dei battezzati, aprire all’esercizio di responsabilità di uomini e donne: sono i temi che il cammino sinodale della Chiesa oggi coinvolge. È in questa riflessione complessiva che le donne potranno trovare un’inclusione positiva, un’effettiva corresponsabilità, una piena cittadinanza e così superare sia le sterili recriminazioni sia la rapida disaffezione alle prassi della fede.

Nel frattempo, poiché anche l’orecchio vuole la sua parte, perché non si comincia a sostituire nella liturgia i testi della Scrittura che oggi appaiono più indigesti all’ascolto e più lontani dal comune sentire? Ad esempio la prima lettera di Pietro, 3,1-17 o la lettera di Paolo ai Colossesi, 3,18, o ancora la prima ai Corinti, 14, 34-35? È possibile che nella ricchezza della Scrittura non si possano trovare testi più rispondenti alla cultura e alla spiritualità dei fedeli di oggi? Appaiono perfino ridicoli i salti mortali a cui sono costretti i celebranti nelle omelie per renderli più accettabili.

Si tratta di riforme di modestissima entità, a costo zero come si dice oggi, ma molto significative di attenzione e di rispetto della sensibilità di una buona metà della comunità ecclesiale.

 

Maria Pia Bozzo

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