Koinonia Agosto 2016


Da Arnaldo DeVidi

 

UNA RIFLESSIONE A PARTIRE DA UN FATTO E DAL TUO TESTO

 

Ogni mattina leggo in internet le notizie dal mondo, per riflettere e pregare. Mi sono imbattuto nella notizia della strage di Dhaka. Tra le vittime c’è Faraaz Ayaaz Hossain, un giovane bengalese, universitario alla Emory University of Atlanta (USA). Faraaz era in Bangladesh per ferie; si trovava nella Holey Artisan Bakeri con due amiche, Tarishi e Abinta. D’improvviso irruppero dei miliziani che si sono avvicinati e hanno chiesto ai tre giovani - terrorizzati - di recitare il Corano. Faraaz ha risposto senza esitazioni. Ma le sue amiche quei versi non li conoscevano. In più erano vestite con abiti “proibiti” dalla Sharia. I miliziani hanno invitato Faraaz a lasciare il locale: era salvo. Il giovane ha scosso la testa: non avrebbe abbandonato Tarishi e Abinta. Un gesto che Faraaz ha pagato con la vita. Il suo cadavere, insieme con quello delle due ragazze, è stato trovato all’alba dalle forze dell’ordine.

Il fatto è stato molto commentato. Almeno alcuni dei miliziani erano ricchi, universitari e di ‘buona famiglia’. “Faraaz è ricco, come le belve che lo hanno ucciso. Fieramente musulmano, ma schierato dall’altra parte, quella giusta, che non si nasconde vigliaccamente dietro il nome di Dio per dare sfogo ai suoi istinti animali e uccide per il gusto di farlo e basta”.

 

Vorrei invitare a tre riflessioni.

 

== In queste occasioni facilmente si pecca di manicheismo: “Come non ammettere che esistono musulmani cattivi e musulmani buoni?”. Ma non c’è il buono o il cattivo; siamo tutti buoni e cattivi, in diversa misura. Io sono Faraaz e sono le belve miliziane. Io sono Charlie e sono i boia terroristi. Ricordo un commento nel film La battaglia di Algeri. A chi rimane allibito perché le mamme si prestano ad atti terroristici, mettendo esplosivo nella sporta della spesa, viene detto che gli algerini vorrebbero fare una guerra “civile”, ma non hanno sufficiente denaro per comprare bombardieri. Questo pensiero mi tormenta: l’Occidente è direttamente responsabile della situazione drammatica nella quale viviamo. Abbiamo perduto tutti l’innocenza. Come Gesù dice: “Nessuno è buono, solo Dio”. “Se la presunzione di ritenersi nel giusto è la madre di tutte le divisioni, rientrare in se stessi e battersi il petto è la madre di tutte le riconciliazioni” (Alberto Sironi). Insomma, occorre liberarsi da una sottile ipocrisia. È la metanoia, la conversione. 

 

== Il terrorismo ha a che vedere con le religioni. Lo si voglia accettare o no, le religioni sono una nave che può portare molta pace e molta guerra. Le sacre scritture presentano l’altro come nemico e cattivo. Il re Saul è stato rigettato da Dio quando non ha praticato lo sterminio (l’olocausto) del popolo nemico, bambini e donne compresi. Il salmista chiede a Dio la gioia di udire i lamenti dei nemici vinti... Nella storia del cristianesimo e dell’islam ci sono crimini efferati commessi in nome di Dio. Il problema persiste specialmente con le religioni “rivelate” o “del libro”: Dio che dona la rivelazione, diventa un Dio geloso che combatte le altre religioni perché “false”. Per superare il fondamentalismo religioso molti sono i passi fatti, ma molti restano da fare.

 

== Quale strategia per una soluzione? Ricordo qui la prassi degli indios. Quando un indio commette un crimine, gli anziani lo convocano e gli chiedono: “Perché ti sei comportato così? Dovevi stare molto male. In che cosa abbiamo sbagliato?”. Non si tratta di ascoltare una difesa, ma di riflettere su una situazione anomala (in certo senso stiamo vivendo in un’anomalia, con un ritorno alla barbarie). Se chiediamo ai miliziani di Dhaka perché uccidono, essi non risponderanno razionalmente. Ma insieme si può tentare una risposta, complessa. C’è che il materialismo occidentale e il fondamentalismo islamico si richiamano in un circolo vizioso. C’è la “hate ideology”. Lo spirito del branco. La violenza che diventa un abito. C’è che i mussulmani si sentono minacciati, nella propria identità politica o per il proprio stile di vita, culturale, sociale ed economico. C’è che le guide spirituali si lasciano sedurre dal fascino del potere. C’è la mancanza di prospettive future. C’è perfino un revival della gioventù bruciata: dopo anni di agi, divertimenti, selfies, amori, i giovani (anche i giovani musulmani), svuotati, vanno fuori controllo. C’è un inedito processo di corrosione per stillicidio attraverso la costante ricerca di effetti protagonistici, ricerca dell’eccitazione sfrenata, del successo ”facile”, di bisogno di sfogo, comune alla gioventù degli stadi e dei whatsapp, e qui con l’aggravante del fondamentalismo...

Riforma? Soluzione? Mi dispiace, non c’è soluzione. Ma c’è: proporre l’estremismo di Gesù Cristo: dare la propria vita per il Regno di Dio: giustizia, pace, condivisione, missione... Riscatto dei poveri e degli esclusi. Qualcosa ben differente dalla religione ufficiale fatta di riti e culto. Non riesco ad accompagnare il pensiero di Timothy Radcliffe: “Io penso che al cuore del cristianesimo ci sia una gioia tranquilla, abbastanza profonda da abbracciare anche i momenti di sofferenza e di oscurità. È una gioia che è frutto dell’intensa preghiera e del silenzio”. Che metà della popolazione mondiale (tutti figli e figlie di Dio) viva senza le minime condizioni di dignità e diritti, mi toglie la gioia.  Ai miei penitenti ricordo che c’è un peccato grave di omissione: noi cristiani siamo l'istituzione più globale del pianeta, ma non riusciamo ad evitare tante ingiustizie e tragedie. La Chiesa è scarsamente credibile sul terreno della tolleranza - come ricorda Alberto Simoni -, ma più sul terreno della giustizia. “Il vangelo è come sequestrato e depotenziato della sua forza storica a dimensione pubblica. È

compromesso dentro tradizionali versioni puramente religiose. Dove è mai la percezione personale e sociale della viva sostanza  della fede? Si pensa di salvaguardarla con una vuota sacralità rituale?” (Alberto Simoni).

 

Arnaldo DeVidi

 

.