Koinonia Luglio 2016


Il mondo dell’Ortodossia a rischio implosione

 

IL CONCILIO PANORTODOSSO IN FORSE

 

Da circa un secolo si è cominciato a parlare negli ambienti ortodossi (e non solo) della necessità di convocare un concilio panortodosso in cui cioè fossero presenti tutte le chiese ortodosse. Un sogno che dopo tante attese pareva sul punto di realizzarsi, quando improvvisamente a pochi giorni dall’apertura della grande assise  - non più convocata dopo il 7° concilio del VII secolo – tutto è sfumato almeno per il momento: una nuova attesa che potrà durare un anno come un secolo  (come Dio vorrà, secondo il detto antico “non si muove foglia che Dio non voglia”).

Il motivo di questa impasse è apparentemente secondario: la nomina di un vescovo da parte del Patriarcato di Gerusalemme negli emirati arabi!... Apriti cielo! Infatti è subito insorto il Patriarcato di Antiochia per denunciare la lesione  (udite! udite!...) del suo “territorio  canonico”. Bisognerebbe fare una ricerca storica attenta  su quando questi confini furono stabiliti, da quali popolazioni erano  abitate quelle zone e che religione effettivamente professavano.

Come si vede, per  appurare tutte queste circostanze occorrerebbero generazioni di ricercatori con conoscenze approfondite di ogni genere, con esiti difficili da ottenere e prevedere. Tutto si dovrebbe fermare per alcuni decenni in attesa del responso dei saggi,  una soluzione improbabile e assurda in un mondo in cui si assiste quotidianamente allo spostamento di migliaia di migranti che hanno bisogno di ogni genere di aiuti,  da quelli materiali a quelli spirituali. Appunto!

Siamo in un mondo sempre più globalizzato e in trasformazione, con persone che hanno bisogno del pane quotidiano, della difesa della natura dal processo di desertificazione ben presente nelle zone contestate del “territorio canonico” e che non possono aspettare la definizione del confine.

Nel vangelo non ci sono confini canonici, perché è il mondo che attende di essere evangelizzato. In sostanza, questa disputa sui cosiddetti territori canonici è una disputa che finisce per negare i fondamenti stessi del vangelo e quindi la stessa Ortodossia.

Molti lettori forse saranno sorpresi da questo esito improvviso e imprevisto, proprio perché la stampa e la TV italiana - complice involontaria la reticenza ortodossa a fornire notizie dettagliate sull’andamento dei lavori preparatori del Concilio panortodosso - ne hanno fornito la premessa. I promotori del Concilio forse si illudevano che agendo con sistemi quasi cospirativi sarebbe stato più facile superare i contrasti fra le chiese ortodosse e all’interno delle singole chiese, a partire  in primo luogo dalla Chiesa Ortodossa russa, che sugli altri duecento milioni di credenti ortodossi complessivi ne rappresenta più della metà.

Non è  andata come pensavano perché è bastato un semplice incidente di percorso fra due chiese ortodosse sorelle come i due fra i quattro antichi patriarcati ortodossi: Gerusalemme e Antiochia per provocare una reazione a catena. Infatti, dopo la dichiarazione del Patriarcato di Antiochia che non avrebbe partecipato al Concilio per l’”offesa” ricevuta da Gerusalemme, si sono associati nell’ordine il Patriarcato di Bulgaria, Georgia e Serbia. A questo punto il Patriarcato di Mosca ha dichiarato che non avrebbe partecipato al Concilio senza la presenza e l’adesione di tutte le chiese ortodosse e ha proposto una pre-riunione a Cipro dei capi delegazione per superare tutte le divergenze. Dopo alcuni giorni anche il Patriarcato di Mosca ha dovuto prendere atto che il Concilio panortodosso doveva essere rinviato. Di quanto tempo nessuno può dirlo: da un anno a un secolo e forse più.

Pare che il Patriarcato di Costantinopoli sia deciso a fare il Concilio con chi ci andrà, forse con i soli vescovi greci. Va detto che il Concilio che era stato convocato non prevedeva che vi andassero tutti i vescovi ortodossi, ma un massimo di 25 vescovi, perché altrimenti la schiacciante superiorità  russa sarebbe stata evidente, ma sarebbe stato altrettanto evidente che anche nella chiesa russa ci sono non poche divisioni vicine e lontane nel tempo e nello spazio. Intanto perché solo da pochi anni era stata saldata la rottura tra il Patriarcato di Mosca e il clero russo dell’emigrazione che raccoglie diversi milioni di adepti nelle Americhe. Dopo la dichiarazione comune fra il Papa Francesco e il Patriarca Kirill, questi malumori avevano ripreso corso non solo nella Chiesa russa dell’Emigrazione, ma anche diversi vescovi russi avevano manifestato il loro disaccordo in misura variabile.

Ma ci possono essere altri motivi che hanno reso necessario un rinvio: cioè quello già manifestato dal vescovo Ilarion, portavoce autorizzato del patriarcato di Mosca, quando ha osservato che con il rifiuto di partecipare si contestavano alla radice quelli che erano i principi e i documenti elaborati dalle commissioni preparatorie del Concilio. In altre parole, i concetti di territori canonici collegato a quello delle condizioni per il riconoscimento dell’auotcefalia della chiese ortodosse.

In sostanza, il tanto decantato conciliarismo può portare ad un vero collasso dell’ortodossia che si trova di fronte ad una scelta drammatica: o modificarsi nel segno dei tempi o perire per consunzione. La stampa italiana, more solito, non ha informato sullo sviluppo in atto, crede di risolvere il problema presentando commenti che forniscono spiegazioni affrettate, fuorvianti e come al solito  non bene informate.

 

Renato Risaliti

 

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