Koinonia Luglio 2016


Un nuovo libro di Daniele Garota*

                                    

POVERTÀ E GLORIA DI DIO

 

Nelle duecento e più pagine del suo ultimo libro Daniele Garota, col tono drammaticamente profetico che gli conosciamo, ripete, o meglio esamina da tutte le prospettive, lo stesso concetto: la sofferenza dei giusti è anche la sofferenza di Dio che ha bisogno di essere consolato dall’amore che lui stesso ci ha insegnato e dimostrato. Fidando nelle sue promesse, il credente attende ogni giorno il suo ritorno in Cristo, proprio come Lui spasima dal desiderio di tornare, ma ne è impedito dal dono della libertà fatto all’uomo. Ma, tragicamente, Egli potrebbe arrivare “troppo tardi”, quando non ci sarà più fede fra gli uomini e sarà allora costretto a resuscitare i morti... ”generazioni di morti del passato, i soli assetati di resurrezione”. 

 Accanto a chi non avrà più fede, “una generazione di viventi del tutto ripiegata su se stessa... tutta presa dal presente, vissuto  con avidità, egoismo e narcisismo”, c’è anche la fede debole, quella di chi crede “fino a un certo punto”, di chi sta dalla parte di chi dice “non esageriamo!”, o di chi la riduce a ciò che può essere ragionevolmente e umanamente creduto, “scalzando dal cuore dell’umanità l’idea stessa di salvezza”. “Se non condividiamo il dolore e lo scandalo del male e della morte con Dio e le creature, e dunque il bisogno di salvezza e di vita, la nostra fede cessa di essere per noi il fondamento della nostra speranza”.  Dunque, quale fede? Ma anche, quale Cristo? Il Cristo di Garota non ha niente a che vedere col Cristo cosmico di Teilhard de Chardin e di Raimon Panikkar.

Cristo è l’assente. “Forse mai come ora il mondo è stato attraversato dall’assenza di Dio, ma proprio quell’assenza, quel vuoto, è il luogo vero della speranza, dell’anelito di fede....

Cristo è nascosto. Dio si nascose nell’umanità “quando fu necessario che apparisse”, ma fu poi costretto nascondersi per “sfuggire alla potenza di male e di morte....delle sue complicatissime creature”.

Cristo è il solo. Non soltanto il solo Dio del più antico monoteismo, ma anche ‘solo’ perché abbandonato dalle sue creature più amate, anche dagli amici nell’ora più tragica e da Dio stesso sulla croce. Questo, dice Garota, è il cuore del mistero cristiano.

Cristo è il silenzioso. Il ‘silenzio leggero’ è la voce con cui Dio parla ad Elia, ma ormai da molti secoli non c’è più neanche quella. Il credente è oppresso dal silenzio di Dio che “tarda a parlare nuovamente per dare un senso a ciò che di tragico accade ed è accaduto nel nostro mondo”. Secondo me, Garota non prende neanche in considerazione la voce di Dio che, per chi sa sentirla, parla a volte negli occhi delle sue creature o nel silenzio e nelle bellezze della natura. La natura sembra cmpletamente assente dal suo universo, se non quella che soffre con l’uomo nelle doglie del parto.  Infatti...

Cristo è il senza bellezza. Garota si chiede con Dostoievskij (insieme a Kierkegaard il suo maggior autore di riferimento) “Quale bellezza salverà il mondo?” per poi rispondere: “Nel cristianesimo, ogni idea di bellezza va alla fine a sbattere ai piedi della croce e da lì attende “ ...la manifestazione del ‘pastore bello’. 

Cristo è l’umiliato. Non si tratta, per Gesù, della virtù dell’umiltà, ma dell’umiliazione necessaria a farci capire la grandezza del suo amore”.

Cristo è il povero, colui che si è presentato a noi “più come colui che chiede che colui che dà”.

Cristo è lo sconosciuto, il Figlio di Colui che anche il suo prediletto Mosè poté vedere solo di spalle. “La fede è un dono che si riceve, non la conquista di verità attraverso la potenza del miracolo o del ragionamento filosofico”. A volte, dico io, le spalle del Signore, può sembrare di intravederle tra gli alberi di un bosco o tra i rami smossi da un vento che non sappiamo da dove viene, né dove va. È troppo semplicistico? L’intuizione e la meraviglia mistica non possono essere alla portata anche dei semplici? Ma, insiste con ragione Garota, la nostra aspirazione è di vederlo faccia a faccia quando tornerà nell’ultimo giorno.

Cristo è soprattutto il debole, quello che vince con la sua debolezza....”L’unico Dio che finisce col rivelarsi nella debolezza e nell’impotenza” e proprio per questo è anche “l’unico Dio capace di camminare con noi per le vie della storia”.

E poi ancora, Cristo è il morto, il terribile e, infine, il primo e l’ultimo, ultimo soprattutto per ”la sua potentissima capacità di portare novità assoluta, qualcosa di mai visto prima”.

Ma perché “solo con l’esperienza del dolore e della croce si può arrivare alla salvezza e alla gloria promesse da Dio?” Ci rispondono i santi, crocifissi insieme a Lui, ma pure in ‘perfetta letizia’, quei grandi santi che hanno alla fine compreso nel profondo come il vero povero, da consolare, sia Dio stesso.   Ma, ammonisce ancora Garota, è solo “con in cuore la domanda disperata del Cristo morente in croce  che noi possiamo continuare a rimanere dalla parte dei sofferenti, seguitando a sperare, insieme a loro, nella gloria futura che attendiamo”.

 

Donatella Coppi

 

*Povertà e gloria di Dio, Paoline Editoriale Libri 2015, 208 p., € 15,50

 

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