Vangelo insieme...



DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE

(Ez 47,1-2.8-9.12; Sal 45; 1Cor 3,9c-11.16-17; Gv 2,13-22)
9 Novembre 2014


 

 

1)    La basilica di San Giovanni in Laterano, la chiesa più antica dell’Occidente, sede del vescovo di Roma e successore di Pietro; “vicario di Cristo e pastore di tutta la Chiesa... perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli” (LG 22-23). S. Ignazio martire, all’inizio della lettera ai cristiani di Roma, si rivolge alla Chiesa “che presiede alla carità”. L’intera Chiesa diffusa nel mondo è “amore” e la Chiesa di Roma svolge il ruolo di incoraggiare, coordinare, unificare, guidare nell’amore tutte le comunità cristiane della terra. Tale compito lo attua in modo pieno attraverso il servizio del suo vescovo, il Papa.

2)    E il brano evangelico scelto per questa celebrazione narra un gesto compiuto da Gesù a Gerusalemme. Si tratta di un gesto profetico, scandaloso, che sconvolge le consuetudini fissate dalla tradizione e attualizza la profezia di Geremia contro il tempio. Gesù agisce così per ricordare che il tempio è la dimora di Dio; per annunciare con urgenza che è giunta l’ora profetizzata da Zaccaria, in cui le genti sarebbero salite a Gerusalemme per la fine dei tempi, l’ora in cui «nella casa del Signore non vi sarà più un mercante» (Zc 14,21); e per manifestare che lui può chiedere il rispetto della volontà di Dio sul luogo, definito con autorevolezza, «casa del Padre mio».

a)            Il gesto di Gesù non è rimasto senza effetto, proclama ancora: non farai mercato della fede, non farai valere la legge scadente dello scambio, la legge gretta del baratto, dove tu dai qualcosa a Dio, perché Lui in cambio dia molto a te.

b)            Questo gesto suscita immediatamente una domanda da parte dei giudei presenti: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Gesù, in risposta, alza il velo sulla propria identità: «Distruggete questo tempio [letteralmente "questo santuario", il luogo più interno del tempio, lo spazio della presenza di Dio, per i credenti ebrei] e in tre giorni lo farò risorgere». Ecco la rivelazione decisiva: ormai la dimora di Dio non si trova più nel tempio di Gerusalemme, ma il corpo di Gesù è la vera dimora di Dio: «egli parlava del tempio del suo corpo».

c)            La risposta di Gesù mostra che col suo gesto Egli non si limita a condannare gli abusi del culto, non si limita a contestare le false sicurezze ancorate a una religione formalistica e a un culto non coerente con la vita: un richiamo che non cessa di essere attuale. Ma, di più, Egli annuncia la fine del vecchio culto e l’inaugurazione di un culto nuovo, di un modo radicalmente nuovo di incontrare Dio: “Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere”. Gesù annuncia un tempio nuovo.

d)            Dio è presente ovunque, ma c’è un luogo in cui egli abita in modo unico e speciale: se nell’antica economia tale luogo era il tempio di Gerusalemme, ora è Gesù Cristo, il sito del Dio invisibile, l’uomo che ci ha narrato definitivamente Dio. Il gesto e le parole di Gesù manifestano a chi ha un cuore intelligente e capace di ascolto l’esistenza di un tempio nuovo, non più fatto di pietre, ma costituito dal corpo di Gesù stesso: corpo di Gesù di Nazareth, il Figlio amato di Dio, la sua Parola fatta carne; corpo del Cristo morto e risorto che è il luogo di incontro, alleanza e comunione tra Dio e gli uomini.

e)            Nell’AT e per il giudaismo, il tempio

i)                     era il luogo della presenza divina. Qui il credente ebreo veniva per incontrare il suo Dio.

ii)                    Ma – ecco l’altro significato – il tempio era il luogo di riunione e di incontro di tutti i membri di Israele. Qui, nell’incontro di preghiera col loro Dio, essi ricuperavano la coscienza della propria identità di popolo eletto e rinnovavano l’esperienza della propria unità e fraternità. Si comprende allora la portata della dichiarazione di Gesù: tutto quello che il tempio significava di incontro con Dio nel culto e nella preghiera, come pure di unità religiosa e nazionale, tutto questo sta per scomparire. Ma sarà rimpiazzato con qualcosa di meglio, cioè con un altro tempio, un nuovo tempio, un nuovo culto, un nuovo luogo di incontro con Dio e tra fratelli.

iii)                   Gesù, vero tempio di Dio, consacra, rende sacro ogni uomo, ogni luogo, ogni tempo.
Incarnandosi, diventando uomo, Gesù annulla la divisione fra sacro e profano, restituisce armonia, ricostruisce l’unione che era all’origine della Creazione.

iv)                   Morendo e risuscitando, Gesù diventa lui stesso il nuovo tempio annunciato dai profeti. Non più un tempio di pietra, ma di carne. Si compie la celebre visione di Ezechiele (47,1-12: I lettura): l’acqua, che sgorga dal “lato destro del tempio” e s’ingrossa risanando e suscitando la vita dovunque arriva, è simbolo della salvezza che Dio, presente nel santuario futuro, comunicherà.
Così l’acqua uscita dal fianco di Gesù crocifisso, trafitto dalla lancia (Gv 19,34), simboleggia lo Spirito Santo che Gesù, morto e risorto, nuovo e definitivo luogo della presenza di Dio, effonde sui credenti.

v)                    In Gesù i due significati del vecchio tempio sono mirabilmente congiunti: in Lui appunto Dio amore si fa presente e si dona senza limiti e tutti possono incontrarlo e lasciarsi afferrare. Ma – secondo aspetto – il Cristo morto e risorto è anche il luogo dell’incontro, il luogo del grande raduno degli uomini. Attorno a Lui si costituirà un’unica famiglia, formata da quanti, a Lui legati e con Lui divenuti figli, incontrano il Padre.

3)    Nel giorno in cui facciamo memoria della dedicazione di un luogo di culto, mediazione sacramentale necessaria per noi uomini, questa pagina evangelica ci consente di mettere a fuoco la verità profonda della liturgia cristiana, sintetizzata da Gesù poco oltre, nel suo dialogo con la samaritana:

a)            «Donna, è giunta l’ora, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre, in Spirito e Verità» (Gv 4,23), cioè nello Spirito Santo e in Gesù Cristo, che è la Verità.

b)            Alla teologia del tempio di pietra, Gesù ci insegna a sostituire la teologia del tempio di carne: i figli di Dio sono il santuario di Dio. E se appartengo a Cristo, anch'io sono tenda di Dio. E lo è il mendicante, l'immigrato, lo straniero la cui sola presenza mi infastidisce. È facile adeguarsi a un Dio che abita le cattedrali, prigioniero delle pietre e delle mura degli uomini. Un Dio così non crea problemi, ma non cambia nulla della vita. Il vero problema per noi è rappresentato da un Dio che ha scelto come tempio l'uomo, che ci ha insegnato a sostituire alla teologia del tempio, la teologia dei figli di Dio come tempio di Dio. Non fate della casa del Padre mio un mercato! Gesù non si rivolge ai custodi dei templi, o all'istituzione, ma a ciascuno: la casa ultima del Padre sei tu. Casa ingombra di pecore e buoi, di denari e di colombe, che non lascia più trasparire Dio, invitata a diventare di nuovo trasparente, terra aperta al cielo. Dio è ancora in viaggio, il Misericordioso senza tempio cerca un tempio, il Dio che non ha casa è in cammino e cerca casa. La cerca proprio in me.

c)            La comunità di coloro che appartengono a Gesù attraverso la fede, diventa essa stessa tempio di Dio.

i)                     È quanto afferma in modo esplicito San Paolo nella seconda lettura (1Cor 3,9-17): “Voi siete l’edificio di Dio… Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? …Santo è il tempio di Dio, che siete voi”…. Abbiamo qui una delle immagini bibliche più feconde, ripresa anche dal Concilio, per designare la Chiesa. L’immagine dell’edificio si presta ad alcune applicazioni.

(1)                          La Chiesa come “edificio” si costruisce nel senso che tende a incorporare sempre nuovi membri, a crescere cioè numericamente; ma anche nel senso qualitativo, cioè nell’appartenenza a Cristo e nel rapporto d’amore con Lui.

(2)                          Ognuno è “pietra viva” di questo edificio, intimamente legata alla “Pietra viva”, che è il Cristo Crocifisso-Risorto. E insieme è legato, articolato con le altre “pietre vive”, cioè con i fratelli della comunità (cfr. 1Pt 2,4-9).

ii)                    Nella visione del profeta Ezechiele che abbiamo ascoltato (I lettura) si parla di un’acqua capace di guarire l’aridità del deserto di Arabia, di rendere anche le acque più sterili fiumi rigogliosi e pieni di pesci. Così è lo Spirito di Dio: sa rendere anche le nostre comunità, segnate dalla povertà di noi che le componiamo, luogo di vita, sa fare delle nostre parole, spesso logore e formali, o sterili ripetizioni di formule che non riusciamo mai a vivere pienamente, un luogo in cui passa comunque la vita. Siamo noi, il deserto, a diventare madre.

 

 

Don Pietro Bordignon

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