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Non sembri fuori luogo ripetere che l’intento epocale del Vaticano II rimane la ricerca del rapporto originario vangelo-mondo, ritrovato come compito, ma tutto da sperimentare: una spinta propulsiva che per molti sembra aver fatto il suo corso di restaurazione, per altri è stata semplicemente tradita, per noi rimane tutta da compiere in maniera più creativa nel senso che il vangelo deve riemergere dal cumulo delle sue glosse.
Certamente, un asse privilegiato su cui ha ruotato questo rapporto è senz’altro quello contrassegnato dal potere in tutte le sue variazioni storiche. La “Nota verbale” sul ddl Zan non fa che riproporre la questione e la logica di sempre, quella di una chiesa interprete del vangelo in termini di diplomazia tra ordinamenti statali paralleli, dando una immagine temporale o mondana di sé a danno del messaggio evangelico! Per cui il dilemma evangelico Cesare-Dio si ripresenta sempre!
Ma basta denunciare tutto questo e dissociarsi da questo metodo? Non sarebbe invece il caso di cominciare ad interrogarsi seriamente sul nostro riformismo conciliare? Se fino ad ora siamo stati semplici come colombi e ci siamo affidati ad un facile spontaneismo o ad incantesimi collettivi, forse è giunto il momento di essere astuti e avveduti come serpenti: uscire dallo stato di ingenuità, di illusione, di equivoco e di sudditanza a cui il sistema indurrebbe, per ritrovarci con la propria responsabilità di discernimento e di decisione, a costo di vegliare e gemere “come uccello solitario sopra un tetto” (Salmo 101,8). Non è una marcia trionfale, e quello che c’è da ricreare è consapevolezza e convinzione: anche il Concilio, come il vangelo, va ripreso alla sua radice prima che nei suoi rami!
Se ad esempio il movimento di riforma prende ora forma di Sinodo, la prima cosa da dire è che non si tratta di qualcosa di esterno a noi, ma che siamo noi a dover entrare in attitudine e in stato sinodale, in maniera più libera, più aperta, possibilmente più condivisa, senza binari obbligati e senza equilibri precostituiti da rispettare.



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