10 ottobre 2021 - XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

 

Ambrogio Lorenzetti: La Sapienza incoronata  

Particolare dell’Allegoria del Buon Governo (1338-1339)

Siena, Palazzo Pubblico,

 

 

PRIMA LETTURA ( Sapienza 7,7-11)

Pregai e mi fu elargita la prudenza,
implorai e venne in me lo spirito di sapienza.
La preferii a scettri e a troni,
stimai un nulla la ricchezza al suo confronto,
non la paragonai neppure a una gemma inestimabile,
perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia
e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento.
L’ho amata più della salute e della bellezza,
ho preferito avere lei piuttosto che la luce,
perché lo splendore che viene da lei non tramonta.
Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni;
nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.


SALMO RESPONSORIALE (Salmo 89)

Rit. Saziaci, Signore, con il tuo amore: gioiremo per sempre.

 

Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Rendici la gioia per i giorni in cui ci hai afflitti,
per gli anni in cui abbiamo visto il male.

Si manifesti ai tuoi servi la tua opera
e il tuo splendore ai loro figli.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.

 

 

SECONDA LETTURA ( Ebrei 4,12-13)


La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.

Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto.



VANGELO ( Marco 10,17-30)

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».

Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.

Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».



In altre parole…

 

In questo nostro incontro di ascolto e di riflessione corale - perché di questo prima di tutto si tratta e come tale va vissuto in reciprocità - partiamo pure dalla intensa immagine di Ambrogio Lorenzetti de La Sapienza incoronata che ci rimanda all’Allegoria del Buon Governo. E la prima amara costatazione è che a criterio di governo della nostra politica sono i cosiddetti social o i talk show, per nominare i quali sembriamo mancare di parole adatte. Chi oserebbe oggi incoronare la Sapienza come regina del buon governo?

 

Ma una volta prese le distanze da certa politica e dalla comunicazione sociale corrente, non possiamo sentirci esenti, ma confessare la diffusa carenza di saggezza, di buon senso, di discrezione e di discernimento, di ponderatezza e di prudenza nel nostro modo di essere e di agire: cosa è che regola e domina la nostra vita sociale, al di là delle buone intenzioni dei singoli? Non c’è un abisso tra quanto sarebbe nel desiderio dei più e il sistema di rapporti in cui siamo come ingabbiati?

 

Ecco perché avere sapienza di vita e prudenza non è facile, ma deve essere oggetto di preghiera, a patto però di preferirla ad ogni sete di potere, ad ogni altra ricchezza, e di stimarla come “gemma inestimabile”. Bisogna desiderarla e amarla più di ogni altro bene – la salute, la bellezza e perfino la luce degli occhi – e scommettere su di lei; solo allora essa può abitare in noi ed elargirci ricchezze inestimabili. Quanto è presente e viva questa ricerca nei nostri ambienti e nelle nostre assemblee, comprese quelle liturgie, così come sembra lo fosse al tempo di Lorenzetti in epoca ancora medievale? È una civiltà la nostra, o c’è un ritorno allo stato tribale nei suoi simboli e nei suoi contenuti?

Certo si potrebbero dire molte belle cose sulla sapienza, ma noi sappiamo che non sono i discorsi a generarla, semmai i discorsi veri nascono da lei. Tra di noi ora basterebbe poter dire che Cristo Gesù “per opera di Dio è diventato per noi sapienza” (1Cor 1,30). Quando Paolo parla di Parola di Dio viva ed efficace, noi la possiamo senz’altro intendere e avvicinare come Verbo fatto carne, segno di contraddizione, che con la sua parola scandaglia i nostri pensieri e i nostri sentimenti e diventa l’ispiratore e la fonte della nostra sapienza, fino a volerci “sale della terra”. Ciò però di cui dobbiamo rendere in qualche modo conto: se non prima, dopo, perché se il sale perde il suo sapore tanto vale gettarlo via!

 

Se vogliamo una traduzione evangelica di questo stato di cose, ecco il passo del vangelo di Marco che mette a confronto un aspirante alla perfezione e la persona stessa di Gesù, quasi una prova del nove del rapporto fra Regno di Dio e mondo della ricchezza, per capire meglio quali sono le condizioni di accesso al Regno attraverso di lui. Spesso la Parola di Dio, che si esprime anche nei fatti, è compromessa da automatismi mentali che si affidano a frasi fatte, dimenticando che la conoscenza delle Scritture è prima di tutto conoscenza del Cristo. In gioco c’è il rapporto con lui, prima ancora che le nostre condizioni di vita, fossero pure gli stati di perfezione.

 

Questo tale che cerca e rincorre Gesù, per prostrarsi ostentatamente ai suoi piedi e rivolgersi a lui come “maestro buono”, non sembra soddisfatto della sua osservanza dei comandamenti, mentre per Gesù sembrerebbe essere sufficiente come disposizione ad entrare nella vita eterna o Regno di Dio in rapporto a lui. Senonché, quando questo tale viene a sapere che non è necessario fare qualcosa in più ma che basta diventare suo discepolo, e di conseguenza vendere tutto quello che si ha per darlo ai poveri, tutto l’entusiasmo iniziale si smorza e il possesso di molti beni gli fa fare marcia indietro. In ogni caso si tratta di uscire dalla propria sicurezza di vita, come per i pescatori di Galilea lasciare le barche, per Matteo alzarsi dal banco delle imposte, per Zaccheo scendere dall’albero e ospitare Gesù con le conseguenze che sappiamo.

 

Gesù che aveva avuto uno sguardo di compiacimento per quel tale - o un sentimento di accondiscendenza benevola andata delusa -, ora prende spunto dal suo comportamento per far presente a tutti quanto sia difficile entrare nel regno di Dio e quasi impossibile per un ricco che voglia conciliare Dio e mammona! Perché se non si arriva a dare il massimo valore al Regno di Dio e cercarlo al di sopra tutto, ogni altro valore che voglia essere al tempo stesso primario diventa inevitabilmente impedimento e motivo di indietreggianti. Non sono ammessi compromessi o mezze misure.

 

Entrano in scena i discepoli sconcertati dalla parole di Gesù e indotti a porsi la domanda se, a queste condizioni, sia possibile una speranza di salvezza per l’uomo: “E chi può essere salvato?”. E allora ci viene ricordato che la salvezza è opera di Dio e nelle sue reali possibilità, nel riconoscimento che questa opera passa e arriva a noi attraverso la sua Parola fatta carne, l’uomo Cristo Gesù, se ci mettiamo in cammino con lui, non in maniera convenzionale e rituale ma come compagno di vita.

 

Ad uscire d’imbarazzo ci pensa Pietro con la sua precisazione e rovesciando il discorso di Gesù: va bene lasciare tutto e seguirlo, ma a noi cosa ne viene? Gesù non fa mancare la sua risposta, in primo luogo molto terrena per poi guardare alla vita eterna nel tempo che verrà, quella vita eterna che l’interlocutore anonimo pensava di guadagnare con qualche altra buona opera speciale oltre l’osservanza dei comandamenti. Gesù assicura che chi si dedica alla sua causa e alla causa del Vangelo – il Regno di Dio – godrà della ricchezza di relazioni umane moltiplicate e della solidarietà e condivisione dei beni senza risparmio. Non è questa l’aspirazione segreta di tutti? Per i discepoli di Cristo e del suo vangelo dovrebbe essere impegno e testimonianza pubblica. (ABS)


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