5 settembre 2021 - XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

 

Giuseppe Cassioli: Gesù guarisce il sordomuto della Decapoli (1925 ca.)

Firenze, Fondazione Gualandi per i sordi

PRIMA LETTURA (Isaia 35,4-7a)

Dite agli smarriti di cuore:
«Coraggio, non temete!
Ecco il vostro Dio,
giunge la vendetta,
la ricompensa divina.
Egli viene a salvarvi».
Allora si apriranno gli occhi dei ciechi
e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.
Allora lo zoppo salterà come un cervo,
griderà di gioia la lingua del muto,
perché scaturiranno acque nel deserto,
scorreranno torrenti nella steppa.
La terra bruciata diventerà una palude,
il suolo riarso sorgenti d’acqua.


SALMO RESPONSORIALE (Salmo 145)

Rit. Loda il Signore, anima mia.

 

Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.

Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.

 

 

SECONDA LETTURA (Giacomo 2,1-5)

Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali.

Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi?

Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?



VANGELO (Marco 7,31-37)

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.

Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.

E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

 

 

In altre parole…

Gesù guarisce il sordomuto della Decapoli di Giuseppe Cassioli va vista non tanto per il  suo valore artistico, ma per il messaggio che trasmette: si trova nell’ex Istituto Gualandi di Firenze e ci riporta a Don Giuseppe Gualandi, giovane prete di Bologna diplomato all'Accademia di Belle Arti e laureato in Teologia e Diritto, che fonda nel 1849 un istituto per sordomuti e sordomute, con l'intento missionario di far conoscere la parola di Dio a chi non la può naturalmente ascoltare e capire. Prima che opera assistenziale, è impresa apostolica, carisma quanto mai messianico anche per i nostri giorni. È necessario rimuovere quanto impedisce d’essere raggiunti dalla Parola di Dio, che, in altro contesto, è anche la lezione di don Milani!

Se c’è oggi un motivo di scoraggiamento e di sfiducia è l’incomunicabilità, nonostante il profluvio di parole e di messaggi che si incrociano nell’aria; è la condizione di sordità e di mutismo interiore se non di organi esteriori. Per cui la guarigione degli organi diventa il simbolo di un recupero di comunicazione, capacità di ascolto e di parola. Ecco allora il profeta Isaia dire agli smarriti di cuore, quali in effetti siamo, di aver coraggio e non temere, perché il nostro Dio viene a salvarci. E i segni di questa salvezza saranno il fatto che “allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto”. Ci sarebbe da ricreare in noi la recettività dell’infanzia.

Sappiamo quale è la risposta che Gesù fa dare a Giovanni il Battista che voleva sapere se fosse lui colui che doveva venire: “Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella” (Lc 7,22). Evidentemente non si trattava di prove esteriori della sua identità messianica, ma di segni della sua azione messianica in atto, secondo  quanto Gesù aveva dichiarato nella sinagoga di Nazaret: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi” (Lc 4,18).

Troviamo Gesù che esce dalla  regione di Tiro e passando  per Sidone si dirige verso la Galilea attraverso il territorio della Decapoli: si sta muovendo in territori pagani, in partibus infidelium, al di fuori dei confini di Israele; qui non ci sono motivi di scontro di carattere religioso a sfondo  biblico: la sua presenza in questi luoghi è significativa per capire come Gesù si pone al di fuori del suo ambiente,  lui che aveva detto di essere venuto per le pecore perdute della casa di Israele  e aveva ingiunto ai  discepoli di non andare  fra i pagani (cfr Mt 10,5). Non sappiamo che tipo di approccio o di discorso avesse in questi luoghi, ma evidentemente non poteva non emanare quello che Paolo chiamerà “il profumo di Cristo” (2Cor 2,15). Sta di fatto che qualcuno gli porta un sordomuto perché gli imponesse le mani. Cosa che si appresta a fare in tutta riservatezza perché non si gridasse al miracolo, ma ciascuno arrivasse a percepire in lui un portatore di salvezza e l’attenzione si spostasse da quanto aveva operato direttamente  su di lui.

Ma il vero miracolo sta proprio nel fatto che più egli proibiva di divulgare la cosa, più la proclamavano pieni di stupore fino a questo pronunciamento: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!”. È certamente una confessione messianica inconsapevole. Gli avevano chiesto di imporre le mani, ma la cosa sarebbe apparsa più frutto di un potere taumaturgico  eccezionale che gesto  personale che lasciasse intuire chi egli fosse. Questo in qualche modo spiega come egli prenda in disparte il sordomuto, lontano dalla folla e da ogni spettacolarità, per toccargli gli orecchi con le dita e la lingua con la saliva. E alzando  gli occhi al cielo emette un sospiro e dice al sordomuto: “«Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente”. Non è solo una guarigione, ma il compiersi di una volontà di salvezza, rivelazione velata del Salvatore del mondo!

 

Sì, c’è il prodigio della guarigione, che però è solo il riflesso di quanto al tempo stesso stava avvenendo nel cuore di quella gente, che si apriva  ad una speranza nuova;  e il fatto che Gesù facesse udire i sordi e facesse parlare i muti non era altro che il segno che egli aveva fatto bene ogni cosa. Se vogliamo, è un modo molto rudimentale di percepire la qualità di una persona e di riconoscerne la vicinanza a Dio. Quella gente mancava di una tradizione biblica e di un linguaggio religioso evoluto, e non trova altro modo di riconoscere Gesù come colui che “ha fatto ogni cosa bene”. Quindi prescindendo da tutte quelle prerogative o qualifiche religiose che lo mettevano in contrasto con i Giudei, ma mettendo l’accento unicamente sul “fare  bene ogni cosa”, sulla sua bontà e giustizia. Potremmo semplicemente andare al capitolo 9 di Giovanni e renderci conto invece delle polemiche e delle manovre che avvengono intorno alla guarigione del cieco nato! Qui è tutto più  tranquillo!

Per la verità non sappiamo cosa Gesù avesse detto e fatto nel suo peregrinare in paesi stranieri: forse ha semplicemente  messo in atto quanto ci ha insegnato sull’amore del prossimo come vicinanza, cura e compassione dell’altro, facendo così intuire l’amore di Dio per tutti. Se poi vogliamo dare una cornice ideale a questo episodio apparentemente  marginale, abbiamo le parole di 1Timoteo 3,16 che  in qualche modo racchiudono  tutto il mistero della pietà che si incarna in lui: “Dobbiamo confessare che grande è il mistero della pietà: Egli si manifestò nella carne, fu giustificato nello Spirito, apparve agli angeli, fu annunziato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria”.

Essere annunziato ai pagani ed essere creduto nel mondo è l’anima stessa della evangelizzazione, che deve rispondere a questo interrogativo:  “Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?”. Preferenze di persone, discriminazioni, privilegi, conflitti domestici nascono quando si perde di vista questa prospettiva di fondo e si guarda alle nostre opere e realizzazioni pastorali. Forse è buona cosa ricordare che Gesù a Tiro, a Sidone, nella Decapoli non ha detto e fatto  nulla o quasi, ma ha aperto il cuore a quella gente, “ha fatto udire i sordi e parlare i muti”. Ha creato le  condizioni e messo in grado di ascoltare e di proclamare la Parola di Dio in terreni vergini. Non è quello che manca alla nostra chiesa? (ABS)


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