1 agosto 2021 -  XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

 

Bibbia Maciejowski: Raccolta della manna (1250 ca.)

New York, Morgan Library and Museum

  

PRIMA LETTURA (Esodo 16,2-4.12-15)

In quei giorni, nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne.

Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine».

Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge. Ho inteso la mormorazione degli Israeliti. Parla loro così: “Al tramonto mangerete carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore, vostro Dio”».

La sera le quaglie salirono e coprirono l’accampamento; al mattino c’era uno strato di rugiada intorno all’accampamento. Quando lo strato di rugiada svanì, ecco, sulla superficie del deserto c’era una cosa fine e granulosa, minuta come è la brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: «Che cos’è?», perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: «È il pane che il Signore vi ha dato in cibo».

 

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 77)


Rit. Donaci, Signore, il pane del cielo.

 

Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato
non lo terremo nascosto ai nostri figli,
raccontando alla generazione futura
le azioni gloriose e potenti del Signore
e le meraviglie che egli ha compiuto.

Diede ordine alle nubi dall’alto
e aprì le porte del cielo;
fece piovere su di loro la manna per cibo
e diede loro pane del cielo.

L’uomo mangiò il pane dei forti;
diede loro cibo in abbondanza.
Li fece entrare nei confini del suo santuario,
questo monte che la sua destra si è acquistato.

 

 

SECONDA LETTURA (Efesini 4,17.20-24)

Fratelli, vi dico e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri.
Voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, ad abbandonare, con la sua condotta di prima, l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, a rinnovarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità.

 

 

VANGELO (Giovanni 6,24-35)

In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».

Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».

Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».

Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».



In altre parole…

 

L’immagine Raccolta della manna della “Bibbia Maciejowski” è la dimostrazione visiva di quanto l’episodio biblico sia entrato nell’immaginario collettivo, e questo spiega come la parola “manna” sia diventata proverbiale nel linguaggio comune per indicare eventi propizi e imprevisti, magari anche come dono del cielo. Riportandola nel suo contesto biblico di cosa minuta e granulosa che appare improvvisamente al mattino nell’accampamento degli Israeliti nel deserto, essa induce loro a chiedersi “cosa sia” e noi a domandarci cosa voglia dire. La risposta non lascia dubbi: “È il pane che il Signore vi ha dato in cibo”.  Ma i dubbi restano nel cuore di quel Popolo in cammino, che protesta perché muore di fame e rimpiange la sazietà di cui godeva in Egitto in regime di schiavitù. E gli interrogativi non mancano neanche a noi davanti ad eventi che sconfinano con la mitologia.

Ecco allora che la manna, prima ancora che semplice benedizione del cielo, è risposta di  Dio alla ribellione del suo Popolo: un metterlo alla prova, per vedere se camminava o meno secondo la sua legge o la sua logica: se effettivamente almeno attraverso questo segno potesse arrivare a fidarsi del suo Dio nel suo cammino futuro. È la stessa tentazione che si rinnova per Gesù nel deserto, quando al pane da ricavare dalle pietre antepone la Parola che esce dalla bocca di Dio: uno spostamento d’asse a 360° del proprio rapporto col Padre,  a cui chiediamo il pane quotidiano: perché anche per noi, come per Gesù, il nostro cibo primario è fare la sua volontà. Quando i discepoli in Samaria tornano al pozzo di Giacobbe dal fare la spesa e lo pregano di mangiare, egli se ne esce in queste parole: “Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete” (Gv 4,32).  E alla loro ironia ribatte: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera” (Gv 4,34).

Quando nel nostro linguaggio convenzionale noi parliamo di “Mensa della Parola”, complementare alla “mensa eucaristica”, succede che a questa diamo valore di realtà, mentre l’altra rimane sospesa allo stato simbolico, da cui lo scompenso tra Parola di Dio ed Eucarestia, come se fossero momenti separati. Del resto sappiamo che per secoli la chiesa discente ha favorito quasi in esclusiva il nutrimento sacramentale della eucarestia, mentre ha costretto i fedeli al digiuno della Parola, quasi fosse terreno di riserva clericale. Come rimediare a questo squilibrio, di cui essere almeno coscienti? Anche in questo giorno non è da escludere che la Parola di Dio proclamata e ascoltata sia intesa o presentata solo in funzione del momento eucaristico tradizionalmente inteso, senza che per se stessa dica nulla. Sottovalutiamo il fatto che è la Parola di Dio viva ciò che genera la fede e ci porta alla conoscenza della verità nella sua interezza! Si dimentica facilmente che l’eucarestia prima che essere oggetto di devozione individuale è il pane per il cammino di un Popolo, che è sinodale per vocazione, nella complessità e nelle vicissitudini del suo cammino. Sembra invece che l’Eucarestia sia un approdo felice per un Popolo stanziale e festante!

Questa situazione di prova e di tentazione si rinnova nel racconto di Giovanni della cosiddetta moltiplicazione dei pani. Tutta quella gente che si era sfamata in abbondanza non accetta che quel Gesù si eclissasse da loro e si mette sulle sue tracce, alla ricerca. Era gente che sapeva della manna e sapeva di Mosè, ma incapace di fare un passo avanti verso la realtà profonda di questi eventi passati, magari sacralizzati e venerati. Anche quanto avevano vissuto qualche ora prima non andava al di là del dato di fatto e della convenienza, senza alcun significato ulteriore. E se Mosè davanti all’interrogativo del popolo afferma che quella manna “è  il pane che il Signore ha dato in cibo”, Gesù è costretto a far prendere coscienza di cosa ci fosse in gioco in quanto aveva operato, al di là degli entusiasmi, della esaltazione e della mobilitazione a volerlo fare re. Andava incontro, ma non si fidava di loro!

 

Intanto mette a nudo la sorpresa e i sentimenti di quella gente, per indurla a fare un salto di qualità nella ricerca di lui: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”. Si rimane rinchiusi nella propria sfera e nei propri sentimenti religiosi, per aspettarsi ancora nuovi favori: i segni per noi diventano la realtà ultima! E quando siamo invitati a cercare un cibo che dura per la vita eterna, e che solo lui può dare perché lo è in persona, eccoci a domandarci cosa fare per entrare nei piani di Dio uscendo dalle proprie ristrette visioni, quasi che fino ad ora non ci fosse stato detto. La risposta è la più semplice e la più esplicita, e da imprimere nel nostro cuore indelebilmente: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato”.

 

Messi davanti a questa impegnativa affermazione – e come se nulla fosse successo fino a qualche ora prima, ma quasi per scusarci – noi pretendiamo ancora segni per vedere e per credere, magari obiettando che il vero pane del cielo l’abbiamo già ricevuto e non ci manca, come quella folla riteneva di averlo ricevuto da Mosè e dalla tradizione. Così noi presumiamo di averlo già dalle nostre credenze e dalle nostre tradizioni e celebrazioni che appagano e fanno testo, tanto da dispensarci dal credere in colui che il Padre ha mandato, e magari preoccuparci di riti, di rubriche, di messali, della bellezza del Tempio!

 

Ma se da parte nostra c’è questa presunzione di verità e di autopromozione religiosa, Gesù non è da meno nel suo fare giustizia delle nostre fatue certezze, e senza mezzi termini afferma: “Il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”. È lui stesso in persona, creduto e amato, prima di altri segni anche sacramentali. Tanto è vero che quando noi, sempre in maniera alquanto interessata, chiediamo di avere sempre questo pane – come la samaritana chiedeva l’acqua che disseta per sempre – egli non manca di chiarire ancora meglio: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”.  Entrare in questa comunione totale di vita con lui – pane e acqua di vita eterna – è l’impegno di ogni credente dentro un ambiente vitale e fecondo di ogni autentica comunità ecclesiale. Se una cosa dobbiamo capire da questi fatti, è che Gesù ci vuol portare ad una diretta profonda conoscenza di lui, al di là di cliché stereotipati, credenze standard, pratiche cultuali convenzionali, ecc…

 

È quello che ci invita a fare san Paolo, quando dice che “non così avete imparato a conoscere il Cristo”, ma dandogli ascolto e lasciandosi istruire  in lui secondo la verità che è in Gesù, da cui soltanto può derivare un rinnovamento “nello spirito della mente e a rivestire l’uomo nuovo”. Conoscere Cristo come lui vuole essere conosciuto è quanto ci dovrebbe stare a cuore, per poi riconoscersi gli uni gli altri in lui. E questo soprattutto in un tempo in cui – a proposito di quale messale e di quale messa – ci si combatte e ci si divide sulle cornici da usare per una immagine sempre tutta da scoprire nella luce e nella intelligenza della fede. A meno che non abbiamo già pronta una immagine di nostra fattura funzionale a qualche nostro sistema mentale di potere. Ma sappiamo che è Gesù stesso a negarsi ad ogni umano progetto di chi vuole farlo re! Non confondiamo le verità di fede come riferimento con i nostri modi di recepirle e di riproporle: c’è la fede del cuore e c’è la confessione delle labbra! (ABS)


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