19 febbraio 2023 - VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

 

Rudolf Yelin: La predicazione di Gesù  (1912)

Chiesa evangelica di Reinerzau nella Foresta Nera (Germania)

 

 

PRIMA LETTURA (Levitico 19,1-2.17-18)

Il Signore parlò a Mosè e disse:

«Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo.

Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui.

Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”».

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 102)

Rit. Il Signore è buono e grande nell’amore.

 

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.

 

 

SECONDA LETTURA (1Corinzi 3,16-23)

Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani».

Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.


VANGELO (Matteo 5,38-48)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».


In altre parole…

 

Le immagini di queste domeniche ci riportano tutte al Discorso della montagna, le cui interpretazioni pittoriche ci fanno capire che esso attraversa i tempi e le generazioni, fino a raggiungere noi come discepoli radunati intorno al Maestro. Il motivo che lega le letture di questa domenica si può cogliere dalla chiusura del passo evangelico: “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Non è altro che l’esortazione ad essere santi come il Signore è santo, o la provocazione di Paolo a prendere coscienza di essere tempio santo di Dio in cui abita il suo  Spirito. Purtroppo, quando si parla di santità, l’attenzione va automaticamente  ai “santi” raffigurati nelle nostre chiese e proposti alla nostra devozione, come se fossero una categoria a sé lontano da noi. E magari si dimentica - ammesso che lo si sappia – che il capitolo V della Costituzione Lumen gentium del Vaticano II è dedicato all’Universale vocazione alla santità nella chiesa.

Ma forse, un vera svolta di mentalità e spiritualità ecclesiale dovrebbe registrarsi proprio qui. Proviamo a leggere queste parole dal n.40 di questo documento, e chiediamoci quale cambiamento di prospettiva dovremmo operare: “I seguaci di Cristo, chiamati da Dio, non a titolo delle loro opere, ma a titolo del suo disegno e della grazia, giustificati in Gesù nostro Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi. Essi quindi devono, con l'aiuto di Dio, mantenere e perfezionare con la loro vita la santità che hanno ricevuto”. La santità non è un traguardo da raggiungere con pratiche e tecniche spirituali apposite, ma è dono ricevuto da coltivare e far fruttificare!

Quando Mosè parla alla comunità degli Israeliti per dire loro di essere santi, è perché il Signore Dio è santo e li santifica, in quanto fonte di ogni santità. Di qui scaturisce la volontà di prendersi cura del proprio fratello, di vincere odio, spirito di vendetta  e rancore: di amare il proprio prossimo come se stessi, così come chiediamo al Padre di amare noi per amore del suo Nome. Non si tratta di comportamenti sporadici e di buone opere, ma di “essere santi”. Ed ecco allora le ulteriori rettificazioni di Gesù nel suo Discorso, con cui vuole renderci “figli del regno” come buon seme nel campo del mondo (cfr. Mt 13,38).

Egli ci ha fatto capire, con le Beatitudini, quale sia la condizione di santità e di santificazione dei suoi discepoli, e nel proseguire il suo Discorso non sembra fare altro – tramite l’evangelista Matteo – che sciogliere i nodi che si presentano alla sua comunità che intraprende la sequela di lui. Ci ha chiarito quale debba essere il rapporto con quanto è stato detto dalla Legge e dai Profeti. Ora ci mette a confronto  con le opposizioni esterne, quasi a commento dell’ultima beatitudine dei perseguitati. E dopo che ci ha ricordato che i primi ostacoli si trovano dentro di noi e possono essere le nostre stesse membra  - le proprie mani e i propri occhi da eliminare se sono di scandalo – ci insegna come rapportarsi ai contrasti che vengono dall’esterno.

C’è da rinunciare a farsi giustizia da se stessi ripagando chi ci avversa con la stessa moneta: opporsi al malvagio e alle sue angherie vorrebbe dire fare propria la sua stessa logica. Vuol dire allora sottostare passivamente a quanto ci viene inflitto? No di certo, ma reagire in positivo e neanche come sfida, ma sconfiggere la logica della violenza avendo a cuore chi ci avversa senza considerarlo nostro avversario, ma riportarlo alla propria dignità e alla sua condizione di prossimo. È la classica distinzione del peccatore e del peccato!

Quando ci viene detto di porgere l’altra guancia a chi ci schiaffeggia, non possiamo dimenticare che Gesù stesso reagisce verso chi gli aveva dato uno schiaffo chiedendo ragione di quel gesto  e mettendo i suoi schernitori davanti alla propria responsabilità. E nei confronti di chi vuole spogliarci, servendosi magari anche di tribunali per coprire la propria ingiustizia, è da dimostrare che il male si vince con il bene, andando incontro alle pretese estorsive e rendendosi disponibili ad andare oltre le attese di chi ti costringe a camminare per le sue vie e a condividere le sue scelte. Così come non c’è da tirarsi indietro davanti ad eventuali richieste di prestazioni e di prestiti, guardando con generosità non solo i singoli bisogni ma soprattutto chi abbiamo davanti, e cioè colui che è il prossimo.

Assistiamo ad un crescendo e ad una focalizzazione del cammino del discepolo e di una comunità di vangelo: si va al di là dell’amore del prossimo come categoria ben definita secondo criteri di appartenenza familiare, sociale, religiosa. Prossimo è colui a cui noi ci avviciniamo, fosse pure un nostro nemico dichiarato. Ed ecco allora il salto di qualità da compiere: “Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”!  Se questa capacità nasce in noi, ci rendiamo conto che essa viene da Dio e che così si diventa “figli di Dio” in quanto “imitatori di Dio, come figli amati” (Ef 5,1). E quindi si diventa “santi” o sovrabbondanti di misericordia, così come è santo il Padre che è nei cieli, il quale “fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”.

Qualcosa di buono e un dono di bene nasce quindi da noi, dal di dentro, e non da condizioni esterne, ed è ciò che ci fa essere “perfetti” - e cioè liberi operatori di pace – come è perfetto il Padre celeste, fino a diventare sua immagine e testimonianza tra gli uomini alla maniera di Gesù. Perché negarci questi traguardi quando ci vengono proposti così chiaramente e insistentemente, e proporre forme di spiritualità e di santità più accattivanti e gratificanti, ma senz’altro meno vere? Da notare che in questo itinerario alla santità non si fa parola di osservanze rituali, di comportamenti cultuali, di pratiche religiose di pietà e di devozione: vuol dire che siamo in tutt’altro ordine di santità da quello costruito a nostro uso e consumo.

In questo senso vanno ascoltate e lette la parole di Paolo ai Corinti, quando ci dice che siamo noi il tempio santo di Dio e che il suo Spirito abita in noi. Se distruggiamo e disconosciamo questa nostra dignità, rischiamo la nostra stessa distruzione, magari pensando di costruirci una esistenza corretta e irreprensibile secondo la sapienza di questo mondo. Ma se vogliamo adottare una formula operativa di questo nuovo modo di essere, eccola: “Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”. Che ci sia dato di mettersi e di muoversi in questa prospettiva. (ABS)


.