31 gennaio 2021 -  IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Marc Chagall: Esodo (1952-1966)

 

 

PRIMA LETTURA (Deuteronomio18,15-20)

 

Mosè parlò al popolo dicendo:

«Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto.

Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”.

Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”».



SALMO RESPONSORIALE (Salmo 94)


Rit. Ascoltate oggi la voce del Signore.

 

Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere».

 

 

SECONDA LETTURA (1Corinzi 7,32-35)

Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso!

Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito.

Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.

 

 

VANGELO (Marco 1,21-28)

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.

Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.

Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».

La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.



In altre parole…

 

Veniamo dalla “Domenica della Parola di Dio” e andiamo di nuovo verso la Parola di Dio della domenica con maggiore consapevolezza che il fatto determinante e qualificante della fede nel mondo è che “Dio parla” e noi siamo interessati ad ascoltarlo. Infatti, “dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1-2). È questo il fatto assolutamente nuovo di cui tener conto come centro della nostra fede e non come qualcosa di accessorio o di funzionale ad altro.

 

Per la verità, se noi usciamo dalle nostre gabbie linguistiche e anche liturgiche, non so se sentiamo che Dio parla ancora in questi nostri ultimi giorni, e se soprattutto siamo interessati a distinguere la sua voce tra le tante. Ci è ricordato che Egli parla mediante Mosè al suo popolo, ma che a parlarci sia Mosè e inoltre quanto egli ci dice diventano per noi più importante del fatto che è lui a parlare al cuore del suo popolo e ad entrare in comunicazione viva con noi. Abbiamo bisogno di mediazioni, ma queste non possono surrogare la Parola di Dio viva ed efficace!

 

Ma proprio di questo come popolo sembriamo aver paura, non potendo sostenere più la voce potente di Dio, tanto da delegare ad altri l’ascolto diretto e richiedere intermediari, come appunto Mosè. Il quale perciò si preoccupa di assicurare continuità al suo ruolo profetico: “Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto”. In ottica profetica, noi siamo portati subito al momento in cui, dopo che Gesù restituisce alla vedova di Nain il figlio tornato in vita, “tutti furono presi da timore, e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra di noi»; e: «Dio ha visitato il suo popolo»” (Lc 7,16).

Ma è chiaro che se da una parte il Signore dice al profeta “gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò”; dall’altra aggiunge che “se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto”. La Parola che Dio  mette sulla bocca del suo profeta arriva all’ascolto del popolo che ne è destinatario, ma essa diventa motivo di giudizio e di decisione per chiunque. La validità e autenticità della profezia e di un profeta è data dal fatto che questo impatto della Parola di Dio sul Popolo che l’ascolta si realizzi e vada a buon fine, che sia una Parola che porta frutto e non cada nel vuoto.

Possiamo ricordare Isaia 55,11: “Così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata”. Ancora una volta ci viene detto che il fatto assolutamente inedito è che Dio parla al suo popolo e lo vuole a sua volta profetico, risonanza viva della sua Parola in continuità di profezia. Quella continuità differenziata che è così testimoniata dal vangelo di Giovanni: “Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo” (Gv 1,17). Se si guarda l’Esodo di Chagall, è davvero sorprendente che l’esodo di Mosè prefiguri e porti a  quello di Cristo in croce nella Pasqua eterna del nuovo Popolo di Dio!

Questo passaggio decisivo avviene con la proclamazione del Vangelo di Dio e ci viene presentato da Marco nella presenza di Gesù nella sinagoga di Cafarnao, dove la sorpresa è che il suo insegnamento non era quello di routine, ripetitivo e scontato, “egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi”. A differenza di Luca nella sinagoga di Nazaret, Marco non si preoccupa di dirci cosa insegnasse Gesù, ma gli sta a cuore farci notare come recepisce e reagisce la gente, quando “tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!»”.

Questo insegnamento nuovo viene comprovato dalla liberazione dell’uomo posseduto da uno spirito impuro: non semplice miracolo di guarigione, ma effetto e simbolo della potenza della sua Parola, spirito e vita. Lo stupore per chi “insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi” fa pensare a come l’annuncio del vangelo di Dio dovrebbe ritrovare la sua potenza unitaria di insegnamento e di guarigione insieme, di verità che libera, al di là di dogmatismi da una parte e di pragmatismi dall’altra, di ortodossia e ortoprassi contrapposte, di chiesa introversa e di chiesa estroversa.

Di fatto questa frattura esiste, forse compromette l’integrità della fede più di qualche eresia dichiarata, perché si tratta di non essere né caldi né freddi ma di essere rigettati come tiepidi. Si pensa di ricomporla per forza d’inerzia dando tempo al tempo e ricoprendo tutto con il velo della inconsapevolezza tacita. Tutto il contrario di quanto ci fa presente san Paolo quando ci avverte che si sono accorciati i tempi e che sta scomparendo il simulacro di questo mondo. Ciò che è necessario perciò è il radicamento cristologico e la tensione escatologica di fede viva, per non rimanere sommersi e impediti dalle condizione di fatto, al punto che, ci diceva poco prima, chi è sposato deve considerarsi come se non lo fosse. Certamente non è questa l’attitudine dominante come corpo di credenti, mentre ci ammantiamo di religiosità!

Ma è in questa ottica – non di moralismo e di rigorismo – che Paolo valuta lo stato di chi è sposato o meno, ed esprime le sue preoccupazioni e raccomandazioni, senza nessuna volontà di dare giudizi e di dare ordini al riguardo. In questo è molto esplicito e non si può rimanere condizionati a singole espressioni, come quando si parla di vergini: “Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni”.  

Restare fedeli al Signore, senza deviazioni non è altro che vivere in stato di esodo a ripetizione: da quello di Mosè dall’Egitto, a quello operato da Gesù con la potenza della sua Parola di liberazione dagli spiriti impuri (non dovemmo essere liberati dagli spiriti che soffiano attraverso i social?); l’esodo che si rinnova attraverso ciascuno di noi, con l’uscita dal mondo per la fede, ma solo per imparare a starci come Popolo libero di Dio!

Ecco perché quando Paolo entra nei problemi reali della vita delle comunità, e in questioni come quelle relative al matrimonio, risente senz’altro del contesto culturale in cui interviene, e non tutto ciò che dice può fare testo: ma soprattutto ci insegna a guardare a queste situazioni con giusto distacco per poterle relativizzare e valutare in funzione del Regno di Dio. Alla stessa maniera in cui eravamo educati a misurarle in ordine all’autorità e al magistero della chiesa discente. Anche qui potremmo parlare di esodo, grazie a chi insegna con autorità, tanto che gli stessi spiriti impuri gli obbediscono! (ABS)


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