23 aprile 2023 - III DOMENICA DI PASQUA (ANNO A)

 

 

James Tissot: I discepoli di Emmaus  (1886-1894)

New York, Brooklyn Museum

 

 

PRIMA LETTURA (Atti degli Apostoli 2,14.22-33)

[Nel giorno di Pentecoste,] Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così: «Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: “Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza”. Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: “questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione”.Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire».


SALMO RESPONSORIALE (Salmo 15)


Rit. Mostraci, Signore, il sentiero della vita.

 

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.

Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.

Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.

 

 

SECONDA LETTURA (Dalla prima lettera di Pietro 1,17-21)

Carissimi, se chiamate Padre colui che, senza fare preferenze, giudica ciascuno secondo le proprie opere, comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri.

Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia.

Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio.

 

 

VANGELO (Luca 24,13-35)

Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.

Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».

Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.

Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture”?

Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.



In altre parole…

 

Inutile nasconderci che come comunità ecclesiale siamo dentro una situazione gattopardesca: tanto parlare di cambiamento in superficie per favorire il mantenimento dello status quo, soprattutto quando interviene la sacralizzazione dell’esistente in cui siamo confinati. Si parte dal presupposto che i giochi siano fatti e che a noi non rimanga che muoversi nei residui spazi interni, senza più orizzonti aperti. Sì, possiamo continuare a dirci che si va verso un cambiamento d’epoca, ma se non è “epocale” e radicale il nostro modo di pensare e di guardare le cose, non si sa proprio dove andare oltre le proprie sicurezze.

 

Possiamo tranquillamente riconoscerci nei due discepoli in cammino verso Emmaus in quello stesso giorno in cui alcune donne hanno trovato il sepolcro vuoto e sono venute a dire di “aver avuto una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo”: si meravigliano che chi li affianca strada facendo sia all’oscuro di quanto fosse drammaticamente avvenuto in quei giorni a Gerusalemme. Ma in realtà sono essi a prendere le distanze da quegli eventi, abbandonando speranze ed illusioni riposte in quel Gesù il Nazareno, di cui sanno dire vita morte e miracoli, ma che ormai non dice più nulla per la loro esistenza, tant’è che stanno tornando sui loro passi e ad una vita normale. La compagnia rassicurante di chi improvvisamente si fa loro compagno di strada – è questo che suggerisce l’immagine di James Tissot – non sembra fare breccia nei loro cuori incupiti e induriti!

 

Ciò che è scomparso dai loro occhi non è tanto la sequela di fatti, che peraltro sono oggetto dei loro discorsi perché legati ad una prospettiva messianica temporale andata delusa: ciò che risultava azzerata o spenta era la speranza di un futuro da dare all’esistente, a quella realtà di fatto che andava rimossa per fare spazio ad un nuovo scenario del tutto inedito in cui ricomprendere anche i noti fatti. Ed ecco allora che proprio quello sconosciuto compagno di strada, “cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui”. Il vuoto del presente ha bisogno certamente di ritrovare la sua memoria e il suo retroterra, ma anche questo sembra non bastare, fino a quando non si risveglia e non rinasce un orizzonte di futuro, magari attraverso il semplice gesto dello “spezzare il pane”, quando si aprono gli occhi e ci si rende conto di una presenza ormai invisibile ma reale e permanente, tanto da diventare “nuovo giorno” e nuova era.  Ed anche se il loro cuore indurito cominciava a sciogliersi e riscaldarsi mentre venivano spiegate le Scritture, la resa totale avviene quando tutto si rivela nella luce del dono e nel nuovo rapporto di vita. Tutto quello che era accaduto sapeva sì di morte, ma “perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita” (2Cor 5,4).

 

Dentro una realtà di chiesa tutta concentrata sul suo presente - o in senso cultuale e spiritualista o in versione umanitaria, ma sempre da protagonista - non basta neanche il richiamo alle Scritture, se prima non si riapre uno sguardo sul futuro e non si torna  a guardare al Regno di Dio che viene o al ritorno del Figlio dell’uomo: è quella che si direbbe dimensione escatologica e ultimativa, che diventa però primaria nel Cristo risorto non più in potere della morte. Ed ecco allora Pietro uscire pubblicamente allo scoperto per ricordare agli uomini di Israele la vicenda di Gesù di Nazaret, messo a morte da loro per mano dei pagani. Ma è chiaro che il suo intervento non è di denuncia e di condanna, ma mira a proclamare il fatto assolutamente nuovo: e cioè che “ora Dio lo ha risuscitato… e noi tutti ne siamo testimoni”, come coloro che per primi hanno dovuto arrendersi all’opera di Dio mediante la fede e farsene annunciatori.

 

È la visione del Cristo risorto non solo come colui che ha sconfitto la morte, ma come colui che è stato innalzato alla destra e alla gloria di Dio: colui che avendo “ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso” come era dato di vedere e udire nella presenza e nella voce di Pietro e degli Undici. Segno evidente che la predicazione della fede non è un fatto di indottrinamento e di proselitismo. Non si può sganciare la fede in Cristo risorto dal suo vivo annuncio, per renderla pura “dottrina” o insegnamento catechistico. Ne va della qualità dell’annuncio che non è mai un fatto tecnico di magistero ecclesiale, ma deve essere condivisione e trasmissione di vita nella verità: qualcosa che parli non solo alla mente e non solo al cuore, ma all’esistenza storica delle persone; che è relazione reale prima che sistema di pensiero.

 

Quale possa essere la ricaduta di questo annuncio di resurrezione lo lascia intuire la Lettera di Pietro, quando ci dice che se noi chiamiamo Padre Colui che è anima e misura del nostro agire, a lui dobbiamo assimilarci (cfr. Mt 5,48): ci dice di comportarci con timore di Dio nel tempo in cui viviamo “quaggiù come stranieri”. E questo nella consapevolezza di essere stati liberati dalla vanità e dal vuoto del nostro stare al mondo, perché c’è chi ci ha riscattati dalla logica di mammona e ci ha riconsegnati alla verità della vita: “Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato” (1Gv 2,6). Non possiamo più presumere di sapere come farlo, ma dobbiamo cercare di capirlo così come ci viene ispirato!

 

Bisognerebbe davvero avviare questo modo di essere e farlo diventare stile di vita ecclesiale ad intra e ad extra, qualcosa che ci può mobilitare tutti ma che se necessario può essere ragione di vita anche per singoli: perché si tratta di ripetere in noi la stessa attitudine di Gesù nei confronti del Padre e verso gli uomini. Non sottovalutiamo il fatto che si parla anche qui di liberazione, ciò che dobbiamo perseguire come obiettivo primario, perché è su questa linea che possiamo marcare una differenza “cristiana” e rapportarci al mondo con apertura ma anche con una identità di credenti.

 

Va tenuto costantemente presente che c’è in gioco quanto era preventivato addirittura  “prima della fondazione del mondo”, anche se ora siamo entrati negli ultimi tempi, e cioè nella dimensione “escatologica” di Colui che viene, qualcosa entrato nella storia appunto con la risurrezione del Cristo! Qualcosa che si realizza nella fede, perché “per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio”. Quanto siamo lontani dalla concezione soggettivistica, psicologica e convenzionale del credere, che invece è un concorso di attori e di fattori che cambiano alla radice l’esistenza! Ma quanto questa fede ci qualifica e si impone nella sua verità profonda e non solo come reminiscenza irrilevante? (ABS)


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